Giuramento di Ippocrate

Giuramento di Ippocrate

29 maggio 2003 dedicato a Ermanno

Come si fa a farsi scivolare tutto quello che ci fa male dalle spalle?

come fate voi medici a vedere la sofferenza e a valutarla?

come fate voi medici a superare il dolore della morte altrui?

come fate voi medici a superare la vostra impotenza? il dolore che alcuni non riescono….a superare e si fanno male da soli?

cosa non sono riuscita a fare per salvare mio fratello medico che si è lasciato morire per impotenza, non curandosi, per non essere riuscito a salvare le proprie radici e le persone che amava piu della sua vita?

aiutami a capire….

giuramento di “Ippocrate”

GIURAMENTO di IPPOCRATE

Testo “classico” del Giuramento Ippocratico.

Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni che adempirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto scritto. Terrò chi mi ha insegnato quest’ arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito contratto con Lui, e considerò i suoi figli come fratelli, e insegnerò loro quest’arte se vorranno apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti. Metterò a parte dei precetti e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho appreso i miei figli del mio maestro e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il giuramento medico e nessun altro. Scegliero’ il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un’ iniziativa del genere; e neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l’aborto. Conserverò pia e pura la mia vita e la mia arte. Non opererò neppure chi soffre di mal della pietra, ma cederò il posto a chi è esperto di questa pratica. In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni offesa e da ogni danno volontario, e soprattutto da atti sessuali sul corpo delle donne e degli uomini, sia liberi che schiavi. Tutto ciò ch’io vedrò e ascolterò nell’esercizio della mia professione, o anche al di fuori della della professione nei miei contatti con gli uomini, e che non dev’essere riferito ad altri, lo tacerò considerando la cosa segreta. Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti della vita e dell’ arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini; se lo trasgredirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario.

GIURAMENTO

Testo “moderno”

Consapevole dell’ importanza e della solennità dell’ atto che compio e dell’ impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’ uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’ esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione. Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’ urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità a disposizione dell’Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’ esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di astenermi dall’ “accanimento” diagnostico e terapeutico.

How do we get what we all slip from his shoulders hurt?

how do you doctors to see the suffering and evaluate it?

how do you doctors to overcome the pain of the death of others?

how do you doctors to overcome your impotence? the pain that some can not overcome …. and hurt yourself?

What I could not do to save my brother’s doctor who is left powerless to die, not worrying, not to be able to save their roots and the people she loved most of his life?

Help me understand ….

oath of “Hippocrates”

Hippocratic Oath

“Classic” texts of the Hippocratic Oath.

I swear by Apollo physician and Asclepius and Hygieia and Panacea and by all the gods and goddesses, calling witnesses who will fulfill according to my strength and I believe this oath and this covenant written. I will keep those who taught me this’ art on behalf of parent and will share with him my goods, and whether it will need to put some of my possessions in exchange for the debt contracted with him, and saw his children as brothers and teach them this art if they want to learn it, without demanding compensation or written agreements. I’ll put aside the precepts and oral teachings and everything I’ve learned my children and my master’s disciples who have signed the covenant and the oath, and no other doctor. Choose ‘the scheme for the benefit of the sick according to my strength and my opinion, and I will not harm and offense. Somministerò not to anyone, even if requested, no deadly medicine, and never take a ‘initiative of this kind, nor ever will give a woman a means to procure abortion. Pious and pure cherish my life and my art. Will not operate even those suffering from ill of the stone, but will give way to those with expertise in this practice. In all the houses I will visit will come for the good of the sick, refraining from any injury and damage every volunteer, and especially from sexual acts on the bodies of women and men, both free and slaves. Everything I see and hear in the exercise of my profession, or even outside of the profession in my contacts with men, and that it must relate to others, whereas I shall conceal the secret thing. If you will fulfill this oath and do not betray him, I can enjoy the fruits of life and ‘art, estimated in perpetuity by all men, and if you transgress and spergiurerò, could touch me quite the opposite.

OATH

Text “modern”

Aware of the ‘importance and the solemnity of’ task and note that ‘commitments, swear to practice medicine in freedom and independence of mind and behavior; sole purpose of pursuing the defense of life, the protection of physical and mental health of ‘man and the alleviation of suffering, which will inspire continued commitment and responsibility with scientific, cultural and social, all my professional action; not to commit acts likely to never intentionally cause the death of a patient to stick to my business to ethical principles of human solidarity, against which, in respect of life and the person will never use my knowledge, use of my work with diligence, skill, prudence and in good faith and observing the rules of ethics that govern ‘ practice of medicine and legal and which are not in conflict with the goals of my profession, my reputation to rely solely on my professional and my own moral qualities, to avoid, even outside of ‘professional practice, every action and behavior prejudicial to the prestige and dignity of the profession. To meet colleagues in case of conflict of opinions, to treat all my patients with equal care and commitment regardless of the feelings they inspire me and without any distinction of race, religion, nationality, social status and political ideology, to assist ‘s urgency to any patient who needs it and put in the case of public calamity to the competent authority, to respect and facilitate in every case the patient’s right to free choice of doctor, given that the relationship between doctor and patient is based on trust and mutual respect in any case, to observe secrecy on anything that is confided to me, see, or that I have seen, heard or sensed in the ‘exercise of my profession or because of my state; of refrain from the ‘rage’ diagnosis and therapy.

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Stress e SM, non pare ci sia correlazione dal sito AISM

http://www.aism.it/index.aspx?codpage=2011_06_stress

Nessun collegamento tra stress e sviluppo della sclerosi multipla

01/06/2011

In passato diversi studi hanno suggerito un collegamento tra stress e comparsa di una ricaduta di SM, così come altri studi avevano collegato eventi stressanti con l’insorgenza della sclerosi multipla, ma in entrambi i casi non vi è ancora una chiara evidenza scientifica.

Allo scopo di chiarire queste correlazioni un gruppo di ricercatori norvegesi, coordinati dal prof. T. Riise, (Università di Bergen, Norvegia) ha sviluppato una ricerca  su un campione di donne del Nurses ‘Health Study, che coinvolge centinaia di migliaia di infermiere seguite nel tempo, pubblicata in questi giorni sulla rivista Neurology.

In particolare tale popolazione era costituita da due gruppi denominati NHS1 e NHS2, il primo comprendeva 121.700 infermieri età compresa tra i 30-55 che sono stati seguiti dal 1976, mentre il secondo comprendeva 116.671 infermieri età compresa tra i 25-42 che sono stati seguiti dal 1989. I partecipanti hanno risposto a questionari sulla loro storia passata di eventi stressanti, in  particolare è stato chiesto loro di riferire sulla condizione di stress generale a casa e al lavoro, così come eventuali  abusi fisici e sessuali durante l’infanzia e l’adolescenza.

Una piccola parte delle infermiere partecipanti ha sviluppato la SM e i ricercatori hanno potuto confrontare le risposte fornite in merito ai fattori di stress tra coloro che hanno sviluppato sclerosi multipla e quelli che non hanno sviluppato la malattia, concludendo che i loro risultati non supportano un ruolo importante dello stress nello sviluppare la SM.

Gli autori concludono che questo studio non supporta un ruolo importante per lo stress nello sviluppo della sclerosi multipla, ma suggeriscono che sono necessarie ulteriori ricerche per escludere definitivamente lo stress come un fattore di rischio per la SM.

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No connection between stress and development of multiple sclerosis
01/06/2011

In the past, several studies have suggested a link between stress and the appearance of a relapse of MS, as well as other studies have related stressful events with onset of MS, but in both cases there is still no clear scientific evidence.

In order to clarify these correlations a group of Norwegian researchers, coordinated by prof. T. Riise, (University of Bergen, Norway) has developed a research on a sample of women in the Nurses’ Health Study, involving hundreds of thousands of nurses followed over time, recently published in the journal Neurology.

In particular, this population consisted of two groups called NHS1 and NHS2, the first consisted of 121,700 nurses aged 30-55 who were followed from 1976, while the second included 116,671 nurses aged 25-42 who were followed since 1989. The participants answered questionnaires about their past history of stressful events, in particular they were asked to report on the general condition of stress at home and at work, as well as possible physical and sexual abuse during childhood and adolescence.

A small part of the nurse participants had developed MS, and researchers could compare the responses on the factors of stress among those who developed multiple sclerosis and those who did not develop the disease, concluding that their results do not support an important role stress to develop MS.

The authors conclude that this study does not support a role for stress in the development of multiple sclerosis, but suggest that further research is needed to definitively rule out stress as a risk factor for MS.

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i dispositivi medici sono detraibili…

http://www.salute.gov.it/dispositivi/paginainterna.jsp?id=21&menu=strumentieservizi

a questo link trovate l’elenco aggiornato dei “prodotti” detraibili.

http://www.fiscoetasse.com/upload/classificazione_nazionale_dispositivi_medici_12022010.pdf

Per la prima volta è disponibile una Classificazione Nazionale dei Dispositivi Medici (CND), definita dalla Commissione Unica sui Dispositivi ed approvata con Decreto ministeriale del 22 settembre 2005. La Classificazione rappresenta il primo passo per la realizzazione del Repertorio dei dispositivi medici.

La necessità di disporre di tale tipo di classificazione deriva dal fatto che gli altri sistemi di classificazione esistenti e utilizzati in Europa e nel mondo, pur comprendendo la maggioranza dei dispositivi presenti sul mercato, non permettono di raggruppare i dispositivi in categorie omogenee di prodotti e cioè in categorie di dispositivi destinati ad effettuare un intervento diagnostico o terapeutico simile.

Il poter disporre di un tale tipo di classificazione offrirà dei vantaggi notevoli quale quello di poter scambiare informazioni, con un linguaggio comune, tra tutti i soggetti che si occupano o gestiscono il settore dei dispositivi medici. Inoltre consentirà di monitorare in maniera più efficace sia il consumo che l’uso dei dispositivi nonché permetterà una migliore valutazione degli incidenti comparativamente per singole tipologie nell’ambito della vigilanza. In prospettiva faciliterà e renderà più trasparenti i processi d’acquisto da parte del Sistema sanitario nazionale in quanto permetterà la definizione di prezzi di riferimento per classi e sottoclassi omogenee.

Pur rientrando tra i Dispositivi medici, non sono ricompresi in questa prima classificazione i Dispositivi medico-diagnostici in vitro (D.Lgs. 332/2000). Tali prodotti, saranno invece oggetto di una analisi e classificazione successiva.
Sono altresì esclusi dalla presente classificazione, perché non ricompresi nella normativa:

  • Medicinali (D.Lgs. 178/91);
  • Prodotti cosmetici (D.Lgs. 713/86);
  • Sangue umano e suoi derivati;
  • Organi, tessuti o cellule di origine umana e prodotti comprendenti o derivati da tessuti o cellule di origine umana;
  • Organi, tessuti o cellule di origine animale, salvo che il dispositivo non sia fabbricato utilizzando tessuto animale reso non vitale o prodotti non vitali derivati da tessuto animale;
  • Dispositivi di protezione individuale (D.Lgs. 475/92).

La nuova Classificazione presenta una struttura di tipo alfa numerico che, seguendo il criterio della differenziazione dei prodotti per destinazione d’uso e/o per collocazione anatomico-funzionale, si sviluppa ad albero gerarchico multilivello, e aggrega i dispositivi medici in Categorie, Gruppi e Tipologie. Le tipologie raggiungono diversi livelli di dettaglio; all’interno dell’ultimo livello di dettaglio sono raggruppati dispositivi medici omogenei. E’ possibile che, sulla base di nuove conoscenze, si renda necessario approfondire ulteriormente il livello di dettaglio.

La Categoria

Costituisce la 1° stratificazione gerarchica.
Sono presenti 21 categorie anatomico/funzionali contraddistinte da una lettera dell’alfabeto.
Le categorie hanno come criterio di classificazione quello di contenere, ciascuna, dispositivi utilizzati su uno stesso specifico apparato, distretto o organo anatomico o in sostituzione di essi, oppure dispositivi caratterizzati da una affinità di utilizzo, destinazione d’uso o di metodica clinica oppure dispositivi che sono regolamentati da una specifica direttiva europea diversa dalla 93/42/CE o che sono gestiti in modo particolare dalle ASL/Aziende ospedaliere o che seguono delle regole specifiche per la prescrizione o il rimborso.

Di seguito sono riportati i tre raggruppamenti di categorie individuati:

per distretto anatomico di utilizzo

B DISPOSITIVI EMOTRASFUSIONE ED EMATOLOGIA

C DISPOSITIVI PER APPARATOCARDIOCIRCOLATORIO

F DISPOSITIVI PER DIALISI, EMO ED EMODIAFILTRAZIONE

G DISPOSITIVI PER APPARATO GASTROINTESTINALE

N DISPOSITIVI PER IL SISTEMA NERVOSO E MIDOLLARE

Q DISPOSITIVI PER ODONTOIATRIA, OFTALMOLOGIA E OTORINOLARINGOIATRIA

R DISPOSITIVI PER APPARATO RESPIRATORIO E ANESTESIA

U DISPOSITIVI PER APPARATO UROGENITALE

per metodica clinica di utilizzo

A DISPOSITIVI DA SOMMINISTRAZIONE, PRELIEVO E RACCOLTA

D DISINFETTANTI, ANTISETTICI E PROTEOLITICI (D.L.VO46/97)

H DISPOSITIVI DA SUTURA

K DISPOSITIVI CHIRUR. MINI-INVASIVA ED ELETTROCHIRURGIA

L STRUMENTARIO CHIRURGICO PLURIUSO

M DISPOSITIVI PER MEDICAZIONE GENERALI E SPECIALI

S PRODOTTI PER STERILIZZAZIONE

T DISPOSITIVI MEDICI DI PROTEZIONE E AUSILI PER INCONTINENZA

V DISPOSITIVI VARI

per criteri specifici

J DISPOSITIVI IMPIANTABILI ATTIVI

P DISPOSITIVI PROTESICI E PRODOTTI PER OSTEOSINTESI

Y SUPPORTI O AUSILI TECNICI PER DISABILI

Z APPARECCHIATURE SANITARIE

  • 8 CATEGORIE ANATOMICHE
  • 9 CATEGORIE FUNZIONALI
  • 4 CATEGORIE SPECIALI

Le categorie appartenenti a quest’ultimo raggruppamento seguono, oltre ai criteri sopra esposti, i dettami sotto esplicitati:

Categoria J: raccoglie tutti i DM impiantabili attivi, e i relativi accessori, regolamentati dalla Direttiva CE n°385/90 e dal D.Lgs. 507/92.

Categoria P: raccoglie i DM impiantabili non attivi e la sua specificità è motivata da esigenze gestionali e di vigilanza delle Aziende Sanitarie.

Categoria Y: raccoglie i DM contenuti nel Nomenclatore tariffario delle protesi, mantenendo la loro codifica internazionale, codice ISO, questa scelta è stata condivisa con i rappresentanti istituzionali che gestiscono il N.T.

Categoria Z: raccoglie le apparecchiature sanitarie e i principali componenti delle stesse e riporta anche il loro codice CIVAB. Per apparecchiatura sanitaria si intende un dispositivo medico attivo utilizzato, da solo o in combinazione con altri dispositivi, nei processi terapeutici, diagnostici, riabilitativi, avente caratteristiche di bene durevole. Tale caratteristica, non presa in considerazione nella Direttiva europea, individua i dispositivi che rientrano tra i beni inventariabili (art. 2424 bis del Codice Civile).

Il Gruppo

Costituisce la 2° stratificazione gerarchica.

Sono presenti 123 gruppi anatomico/funzionali di dispositivi medici che rappresentano le varie differenziazioni in cui si distinguono i dispositivi contenuti nelle categorie. Vengono contraddistinti da un numero a due cifre da 01 a 99 per ognuna delle categorie.

Il numero 90 individua i gruppi contenenti dispositivi con caratteristiche varie, non riconducibili ai gruppi già esistenti. Il numero 99 “Altri”, viene riservato a dispositivi non compresi nei gruppi già esistenti, da classificare nei successivi aggiornamenti.

Il codice riservato al termine generico “Altri” deve essere utilizzato dagli utenti esclusivamente nei casi in cui il dispositivo medico non sia collocabile nei gruppi già esistenti e sarà oggetto di classificazione nei successivi aggiornamenti.

Un quadro riassuntivo che offre la visione immediata ed esplosa dei Gruppi contenuti in ciascuna categoria è rappresentato negli schemi allegati.

La Tipologia

Rappresenta la 3° stratificazione gerarchica.

Se del caso, si espande in più livelli di dettaglio (1°, 2°, 3°, 4° e 5°).

Nell’ambito del Gruppo di appartenenza ogni Tipologia contiene dispositivi caratterizzati da una ancor maggior affinità di utilizzo, destinazione d’uso o di metodica clinica.

In caso di dubbio, per una corretta collocazione o ricerca, si dovranno considerare sempre le caratteristiche peculiari del dispositivo medico preso in esame (cioè le caratteristiche anatomico-funzionali e di destinazione d’uso attribuite dal fabbricante).

Come già detto per i gruppi, la suddivisione “Altri”, con il numero 99 nel 1° livello di dettaglio, viene riservata a dispositivi non compresi nelle tipologie già esistenti, da classificare nei successivi aggiornamenti.

Il codice riservato al termine generico “Altri” deve essere utilizzato dagli utenti esclusivamente nei casi in cui il dispositivo medico non sia collocabile nelle suddivisioni già esistenti e tale tipologia sarà oggetto di continua e successiva verifica.

Ogni accessorio segue la codifica di classificazione CND del dispositivo con il quale è collegato, secondo la destinazione data dal fabbricante. Nel caso in cui un accessorio possa essere utilizzato con DM appartenenti a più raggruppamenti, dovrà essere collocato nella tipologia prevalente.

Nella identificazione dei Livelli di dettaglio è stato tenuto conto dei criteri sopra esposti, e, ove non applicabili, è stata considerata la metodica di utilizzo principale o prevalente e in subordine la tipologia dei materiali costituenti il DM in esame.

Nella scelta del livello di dettaglio è stato seguito il principio di definire quanto più possibile classi di prodotti omogenei, senza peraltro arrivare all’estremo della specificazione che avrebbe portato a classi con un unico prodotto.

Aggiornamento e manutenzione della CND

Allo stato attuale la CUD ritiene che la classificazione possa considerarsi definitiva e in grado di ricomprendere l’intero panorama dei dispositivi in uso.

Peraltro la CUD si impegna a rivedere la Classificazione con frequenza almeno annuale e ad introdurre eventuali aggiornamenti che si rendessero necessari, soprattutto nel senso di esplodere le voci generiche o le voci che a seguito dell’evoluzione tecnologica, avessero bisogno di ulteriore livello di dettaglio.

Comunque ogni progetto di modifica sarà tempestivamente portato a conoscenza degli utenti con le più opportune forme di pubblicità.

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iniziamo a conoscere qualche cosa sui LEA

PIANO Sanitario 2011/2013 e LEA

3. MONITORAGGIO, APPROPRIATEZZA ED
UNIFORMITÀ DEI LEA
3.1.1 Livelli essenziali di assistenza (Lea)
Con riferimento ai livelli essenziali di assistenza le disomogeneità tra Regioni sono evidenti
sia in ambito ospedaliero che territoriale.
In particolare se analizziamo il tasso di ospedalizzazione per mille abitanti standardizzato per
età, riferito ai soli ricoveri per acuti, in regime ordinario, è possibile notare che nel 2008 tale
valore presenta, nelle diverse Regioni, forti variabilità: si va da 158,95 ricoveri per mille
abitanti annui della Regione Puglia, a 99,53 della Regione Piemonte pari ad una differenza
del 37% circa, contro un valore nazionale di 127,89 ricoveri per mille abitanti, annui.
La riorganizzazione della rete ospedaliera rimane un punto critico, da affrontare con grandi
problematicità che investono sia aspetti economici-organizzativi sia socio-culturali delle
popolazioni locali. In tutte le regioni che hanno sottoscritto l’Accordo sul piano di rientro dai
disavanzi sanitari il livello di ospedalizzazione è decisamente troppo elevato. Si tenta di
risolvere con l’offerta ospedaliera, spesso inadeguata e inappropriata le carenze del territorio,
dell’emergenza e della medicina primaria.
Valutare la sostenibilità economica dell’assistenza sanitaria e l’effettiva erogazione dei
Livelli Essenziali di Assistenza, nonché l’appropriatezza delle prestazioni ricevute dai
residenti di ciascun contesto regionale risulta quindi sempre più indispensabile. Ne consegue
la necessità di sviluppare strumenti di misura delle prestazioni, di analisi e confronto
attraverso il diretto coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali del Ssn. Fondamentale, a
tali fini, la cornice di riferimento costituita dal patrimonio informativo reso disponibile
nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSis) e dalle metodologie di supporto
alla lettura dei dati ed alla comprensione dei fenomeni sanitari, consolidate nell’ambito del
Sistema nazionale di Verifica e Controllo dell’Assistenza Sanitaria (SiVeAS).
Le disomogeneità presenti nella domanda e nell’offerta dei servizi sanitari sono registrate
anche nell’ambito dei lavori del Comitato permanente per la verifica dei Lea in condizioni di
appropriatezza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse, di cui all’Intesa Stato-Regioni del 23
marzo 2005, di cui uno strumento è la cosiddetta “griglia Lea” che consente di conoscere e
cogliere nell’insieme le diversità ed il disomogeneo livello di erogazione dei livelli di
assistenza, attraverso l’utilizzo di un definito set di indicatori ripartiti tra l’attività di
assistenza negli ambienti di vita e di lavoro, l’assistenza territoriale e l’assistenza
ospedaliera.
Risultano pertanto necessarie le seguenti azioni:
• l’individuazione analitica dei Livelli essenziali di assistenza, vale a dire
l’individuazione del perimetro all’interno del quale il diritto all’assistenza è
pienamente esigibile, a condizione che sussistano le condizioni di appropriatezza
clinica, è il compito prioritario che la Costituzione attribuisce al livello centrale dello
Stato. Occorre rilevare però la necessità di semplificare modalità e procedure di
adeguamento dei Lea all’innovazione scientifica e tecnologica attività che, nel settore
parallelo dell’assistenza farmaceutica, sono garantite dall’Agenzia italiana del
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farmaco. Nei prossimi anni occorre impegnarsi a rivedere le procedure di
aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, prevedendo che, ove
l’aggiornamento non comporti oneri aggiuntivi, le relative decisioni possano essere
assunte da organi tecnici paritetici Stato-Regioni; negli altri casi sarebbe auspicabile
che, in sede di determinazione annuale delle risorse complessive messe a
disposizione del Servizio sanitario nazionale, fosse preventivamente individuata la
quota corrispettiva da destinare all’aggiornamento dei Livelli. Altro impegno deve,
inoltre, essere rivolto a:
• la promozione di obiettivi di appropriatezza nell’erogazione delle prestazioni, in
particolare per quelle per le quali era prevista la eliminazione dai Lea, attraverso la
promozione di linee guida, di protocolli diagnostici terapeutici, di priorità
nell’erogazione delle prestazioni in presenza di determinate patologie, presunte o
accertate (oncologia, malattie rare, patologie autoimmuni o altre da individuare);
• l’individuazione di ulteriori condizioni di non appropriatezza sia in sede di ricovero
(ulteriori Drg inappropriati) sia nell’ambulatoriale, per le quali una programmazione
di contenimento consenta di ricavare margini per lo sviluppo delle prestazioni
innovative quali: protesica innovativa, malattie rare, alta tecnologia, vaccino HPV.
L’individuazione dei Livelli essenziali comporta anche la determinazione di alcune
caratteristiche essenziali delle attività, dei servizi e delle prestazioni tali per cui, in loro
assenza, la prestazione o il servizio non possa essere qualificata come tale. Queste
caratteristiche possono riguardare, ad esempio, il tempo minimo di durata di una prestazione,
la dotazione tecnologica minima necessaria per garantire la sua qualità, la presenza o la
disponibilità in servizio di personale qualitativamente e quantitativamente adeguato, la
garanzia di accesso al servizio per appuntamento, e così via. Questa tematica si avvicina
quella della valutazione e del monitoraggio dei servizi sanitari attraverso la fissazione di
“standard” o “parametri di riferimento” ma attiene, in questa prospettiva, alla individuazione
di requisiti “qualificanti” della specifica attività e si colloca quindi a pieno titolo all’interno
della definizione dei Livelli.
L’uniforme applicazione dei Lea a livello nazionale deve comunque salvaguardare le
specificità territoriali, in rispondenza alle analisi dei bisogni e delle risorse di ciascun
contesto locale.
3.1.2 Liste di attesa
Inquadramento generale
La gestione delle liste e dei tempi di attesa rappresenta un problema diffuso nella maggior
parte dei Paesi che dispongono di un’organizzazione sanitaria complessa e di tipo
universalistico.
Anche per il nostro Servizio Sanitario Nazionale il contenimento dei tempi di attesa è una
priorità dell’assistenza sanitaria a garanzia dell’equità e della qualità delle cure, come più
volte espresso sia nei Piani sanitari nazionali, che in altri atti normativi e di
programmazione nazionale, tra i quali il Dpcm 16 aprile 2002 “Linee guida sui criteri di
priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di
attesa”, che poneva tale criterio quale componente strutturale dei livelli essenziali di
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assistenza ed a cui fece seguito l’Accordo Stato-Regioni dell’11 luglio 2002, che definì una
proposta di sistema per regolare l’erogazione di prestazioni sanitarie in base a classi di
priorità cliniche di accesso alle medesime prestazioni.
Il punto di approdo delle iniziative nazionali di carattere pattizio con le Regioni è stato
l’Intesa Stato Regioni del 28 marzo 2006, sul “Piano nazionale di contenimento dei tempi di
attesa” (Pncta). Con tale atto, di respiro triennale (2006-2008), si è arrivati a condividere un
percorso per la gestione delle Liste di Attesa, finalizzato a garantire un appropriato accesso
dei cittadini ai Servizi Sanitari secondo criteri di appropriatezza e di urgenza, garantendo la
trasparenza a tutti i livelli di programmazione, di organizzazione e di erogazione delle
prestazioni sanitarie. Il Piano prevedeva l’obbligo per le Regioni di dotarsi di un Piano
regionale come strumento programmatico unico e integrato, per le Aziende sanitarie di
definire un Piano attuativo locale degli interventi programmati a livello regionale, nonché
un insieme di attività di monitoraggio da realizzarsi a livello centrale da parte del Ministero
della Salute e dell’Agenzia per i Servizi sanitari regionali. Le Regioni dovevano garantire il
governo della domanda attraverso il ricorso appropriato alle attività del SSN in base a criteri
di priorità nell’accesso, razionalizzare ed ottimizzare l’offerta delle prestazioni da parte delle
Aziende Sanitarie, gestire razionalmente il sistema degli accessi mediante la
riorganizzazione del Cup, rivedere periodicamente l’attività prescrittiva e promuovere la
refertazione tempestiva delle prestazioni effettuate, riorganizzare l’attività libero
professionale intramuraria (Alpi) e fissare i tempi massimi regionali per le prestazioni
contemplate dal Piano Nazionale.
Attraverso le attività di monitoraggio condotte dal Ministero della Salute, si è potuto
evidenziare che tutte le Regioni hanno adottato un proprio Piano, in cui hanno individuato
gli interventi necessari per la realizzazione di quanto era stato previsto nel Piano Nazionale.
Tuttavia, l’attuazione degli interventi nei vari contesti regionali non ha ancora raggiunto i
livelli di valutazione sistematica su tutto il territorio nazionale, richiedendo un rinnovato
impegno a tale riguardo.
Individuazione delle azioni strategiche da promuovere
Le numerose iniziative condotte fino ad oggi e i risultati conseguiti nel dare seguito agli atti
di programmazione nazionale adottati di concerto con le Regioni e P.A., confermano
l’urgenza di rilanciare in maniera più sistematica ed integrata le azioni di miglioramento per
l’accesso al Ssn, secondo criteri di appropriatezza ed equità. In particolare, risulta
fondamentale garantire l’accesso alle prestazioni sanitarie, territoriali e di ricovero
ospedaliero, secondo specifici percorsi diagnostico terapeutici individuati in sede regionale,
in assenza dei quali sarà difficile garantire appropriatezza e tempestività delle attività
sanitarie, ma anche offrire ai cittadini gli strumenti per una migliore conoscenza del sistema,
ai fini della trasparenza e dell’equità nell’accesso.
In tal senso, il Ministero ha elaborato la proposta per il Nuovo Piano Nazionale di Governo
delle Liste di Attesa per il triennio 2009-2011, espresso in Conferenza Stato Regioni del 28
ottobre 2010, che indica le azioni strategiche che devono essere condotte, in collaborazione
tra tutti gli attori del sistema. In particolare, gli elementi innovativi sono l’uso obbligatorio
delle classi di priorità per le prenotazioni sia ambulatoriali che di ricovero, la definizione di
percorsi diagnostico terapeutici (Pdt) in due aree prioritarie quali quella cardiovascolare ed
oncologica ed i relativi tempi d’attesa, la messa a sistema dei flussi informativi per il
monitoraggio sia delle prestazioni ambulatoriali che di ricovero, l’informazione trasparente
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al cittadino attraverso la presenza dei tempi d’attesa sui siti web di Regioni e P.A. e di
Aziende sanitarie pubbliche e private accreditate, la sistematica integrazione tra la libera
professione intramuraria svolta a carico dell’azienda e quella a carico del cittadino, lo
sviluppo coerente di iniziative di Information & Communication Technologies per la
gestione automatizzata del processo di prescrizione, prenotazione e refertazione.
Anche le cure primarie e i relativi modelli organizzativi hanno il compito di partecipare alla
realizzazione di PdtT e di condividere le linee guida sulle prescrizioni
diagnostiche/specialistiche.
I 10 obiettivi da raggiungere nel triennio di vigenza del Psn
E’ necessario sostenere e realizzare un sistema di accesso alle prestazioni nell’ambito di
specifici percorsi diagnostico terapeutici per le patologie di maggiore diffusione e impatto e,
nell’attesa di una diffusione omogenea sul territorio nazionale del loro utilizzo, vanno
promossi e sviluppati una serie di interventi tra i quali sono da considerare prioritari:
1. l’uso diffuso delle classi di priorità per le prenotazioni sia ambulatoriali che di ricovero,
vale a dire che le prestazioni devono essere garantite sulla base del quadro clinico
presentato dal paziente;
2. l’individuazione e lo sviluppo di percorsi diagnostico terapeutici (Pdt) nell’area
cardiovascolare e oncologica, considerate priorità di sistema, e la fissazione dei relativi
tempi massimi di attesa a garanzia della tempestività della diagnosi e del trattamento;
3. lo sviluppo e la messa a sistema di opportune soluzioni operative per la gestione dei
flussi informativi disponibili per il monitoraggio dei tempi d’attesa per le prestazioni
ambulatoriali e per quelle di ricovero programmato, erogate singolarmente o nell’ambito
di specifici percorsi, garantite dal Ssn sia in ambito istituzionale che in libera
professione, a garanzia della affidabilità e trasparenza dei dati sui tempi d’attesa;
4. la definizione delle modalità di utilizzo della libera professione intramuraria nell’ambito
del governo delle liste d’attesa per conto e a carico delle aziende, ai fini del contenimento
dei tempi di attesa per le prestazioni particolarmente critiche in regime istituzionale; la
modalità di verifica e controllo delle prestazioni erogate in libera professione dai
professionisti a favore e a carico dell’utente che ne fa richiesta ai fini del corretto
rapporto tra i due regimi erogativi, prevedendo attività informatizzate di prenotazione per
le prestazioni erogate in libera professione attraverso percorsi dedicati e il monitoraggio
delle relative liste di attesa;
5. la gestione degli accessi attraverso l’uso diffuso del sistema Cup sulla base di quanto
previsto dall’Intesa Stato-Regioni del 29-04-2010, anche prevedendo possibilità di
sviluppo di iniziative di Information & Communication Technologies (Ict) per la
realizzazione di funzionalità automatizzate per la gestione del processo di prescrizione,
prenotazione e refertazione;
6. l’individuazione delle opportune modalità di “ristoro” per il cittadino, prevedendo forme
alternative di accesso alla prestazione, nel caso in cui a livello aziendale non vengano
garantite le prestazioni nei tempi massimi di attesa individuati in sede regionale;
7. la vigilanza sistematica delle situazioni di sospensione della prenotazione e
dell’erogazione delle prestazioni;
8. l’attuazione di interventi condivisi per il miglioramento della qualità prescrittiva, in
particolare per le prestazioni a maggiore criticità in termini di liste e tempi di attesa;
65
9. la comunicazione sulle liste d’attesa anche attraverso la valorizzazione della
partecipazione di utenti e di associazioni di tutela e di volontariato, per favorire sia
un’adeguata conoscenza delle attività che delle modalità di accesso alla prenotazione
delle prestazioni, attraverso campagne informative, Uffici relazioni con il pubblico
(Urp), Carte dei servizi, ma anche sezioni dedicate e facilmente accessibili sui siti web
regionali e aziendali;
10. il monitoraggio, in via sistematica, della presenza dei tempi massimi regionali sui siti
web di Regioni e P.A. e di Aziende sanitarie pubbliche e private accreditate, a garanzia
della trasparenza e dell’accesso alle informazioni su liste e tempi di attesa.
Il livello centrale, a garanzia del diritto di tutti gli utenti del Ssn ad ottenere un’informazione
adeguata e trasparente e del diritto di tutti gli operatori ad un ampio confronto e
all’aggiornamento costante, promuove un incontro annuale tra tutti gli attori del sistema,
anche ai fini della trasferibilità delle esperienze più significative.
3.1.3 Integrazione sanitaria e socio sanitaria
La programmazione, gestione, verifica e controllo dell’erogazione delle prestazioni sanitarie
e socio sanitarie legate alla promozione della salute, prevenzione cura e riabilitazione non
può prescindere dall’assunto che:
“Il bisogno di salute è complesso, necessita di interventi “curativi” ed interventi
“assistenziali”: nel garantire l’appropriatezza dell’intervento tecnico sanitario e la continuità
tra cure primarie ed intermedie è necessario attivare un progetto individualizzato di presa in
carico che richieda l’integrazione di servizi ed attività a livello multidimensionale e
multiprofessionale in particolar modo per i cittadini “fragili”.
Predisporre una presa in carico globale della persona “fragile” e della sua famiglia prevede
che gli operatori dei diversi sistemi (sistema sanitario/sistema sociale) favoriscano la
costruzione di una rete integrata tra i servizi sanitari e i servizi sociali: il contesto territoriale,
il Distretto socio-sanitario, deve essere riconosciuto quale unità di riferimento del processo
di programmazione per pensare, programmare e poi attuare il sistema integrato di servizi ed
interventi, nel quadro dei livelli essenziali definiti dall’art.22 della L.328/2000.
Promuovere l’ integrazione socio-sanitaria nei servizi alla persona deve considerare quali
fondanti le due istanze costitutive:
• integrazione di responsabilità: quando diversi centri di responsabilità si integrano,
condividono obiettivi, risorse e responsabilità per conseguire i risultati attesi;
• integrazione di risorse: intese come abilità, competenze, saperi che generano
maggiori possibilità di fronteggiare problemi complessi e non affrontabili facendo
leva su risorse singole, anche molto qualificate ma settoriali e, per definizione, non
adeguate ad affrontare problemi di più ampia portata.
………………………………….

piccolo stralcio, andate a leggere tutto… è molto interessante anche a livello statistico..

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http://www.sordionline.com/iNews/View.asp?ID=33496

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reddito personale e benefici di legge per gli invalidi civili gravi.

sentenza Cassazione su reddito e invalidità..

dal sito:

http://www.uifnapoli.it/index.php?option=com_content&view=article&id=29:cassazione-invalidita-100-vale-solo-il-reddito-personale-dellinvalido&catid=11:diritto-previdenziale&Itemid=12

Cassazione – invalidità 100% – vale solo il reddito personale dell’invalido.
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IMPORTANTE SENTENZA DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE IN TEMA DI PENSIONE DI INABLITA’ CIVILE. LA SUPREMA CORTE HA CASSATO LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO DI ROMA CHE, AI FINI DELLA EROGAZIONE DELLA PENSIONE DI INABILITA’, RITENEVA CHE DOVEVA FARSI RIFERIMENTO AL REDDITO FAMILIARE. CON LA SENTENZA N. 7259 DEL 25 MARZO 2009 LA CASSAZIONE HA RITENUTO CHE “AI FINI DELL’ACCERTAMENTO DEL REQUISITO REDDITUALE RICHIESTO PER LA PENSIONE DI INABILITA’ VA CONSIDERATO IL REDDITO DELL’INVALIDO ASSOGGETTABILE ALL’IMPOSTA SUL REDDITO DELEL PERSONE FISICHE”
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere
Dott. CELLERINO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
V.M.L., nella qualità di procuratrice generale ad negozia della sig.ra D.J., in forza della procura generale ad negozia rilasciata per atto notaio Raniero Vanzi in Roma 19/09/2003 (rep. 48108 – 5339), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIBIA 58, presso lo studio dell’avvocato FERRI PIETRO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore avv. S.G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, REGIONE LAZIO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 8092/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del 21/11/2005 depositata il 28/12/2005;
viste le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI MASSIMO, che ha concluso per la trattazione del ricorso in pubblica udienza.
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 28 dicembre 2005, la Corte di appello di Roma ha rigettato l’impugnazione proposta da D.J. nei confronti dell’INPS, della Regione Lazio e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avverso la decisione con la quale il Tribunale della stessa sede, accogliendo parzialmente la domanda avanzata con il ricorso introduttivo, le aveva riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento soltanto dal 1 gennaio 2000, ma non la pensione di inabilità.
Quanto a quest’ultima prestazione, la Corte territoriale ha rilevato il difetto del requisito reddituale, non avendo l’appellante documentato i redditi dell’intero nucleo familiare, mentre, per l’indennità di accompagnamento, che generiche erano le critiche mosse dall’assistibile in ordine all’epoca di insorgenza delle condizioni di non autosufficienza, determinata dal consulente tecnico di ufficio in modo congruamente motivato con riferimento al deterioramento del quadro clinico verificatosi nel 1999/2000.
Per la cassazione della sentenza l’assistibile ha proposto ricorso con due motivi, cui ha resistito con controricorso l’Istituto.
Disposta la trattazione della causa in Camera di consiglio, il Procuratore Generale ha concluso come in atti.
Motivi della decisione
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, e L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26.
Addebita alla sentenza impugnata di avere ritenuto che ai fini del requisito del reddito per la prestazione in esame, debba farsi riferimento al reddito complessivo dei componenti del nucleo familiare risultanti dallo stato di famiglia; mentre il denunciato art. 26, espressamente dispone che per la comparazione col c.d. limite reddituale, quale elemento costitutivo del diritto al beneficio, si deve tenere conto dei redditi dell’invalido e, se coniugato, dei redditi del coniuge.
Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e critica la sentenza impugnata perchè non ha spiegato le ragioni in base alle quali va considerato, ai fini del requisito reddituale per la prestazione in questione, il reddito dei soggetti anagraficamente iscritti nello stato di famiglia, ancorchè non obbligati nei confronti dell’assistibile.
Il ricorso è manifestamente fondato.
La L. 20 marzo 1971, n. 118, art. 12, nel disporre la concessione della pensione di inabilità ai mutilati ed invalidi civili, di età superiore agli anni diciotto e dichiarati totalmente inabili al lavoro, al secondo comma rinvia, quanto alle condizioni economiche per l’attribuzione del beneficio, a quelle previste dalla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 26, come poi modificato dal D.L. 2 marzo 1974, n. 30, art. 3, convertito, con modificazioni, nella L. 16 aprile 1974, n. 114, recante norme per le pensioni sociali. In base all’art. 26, come innanzi modificato, potevano fruire della pensione sociale i cittadini con redditi propri assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche per un ammontare non superiore a L. 336.050, annue, e se coniugati, un reddito, cumulato con quello del coniuge, non superiore a L. 1.320.000, annue.
A norma del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, comma 4, questi limiti di reddito per le pensioni di invalidità, con decorrenza dal 1 luglio 1980 sono stati elevati a L. 5.200.000, calcolati agli effetti dell’IRPEF e rivalutabili annualmente secondo gli indici di valutazione delle retribuzioni dei lavoratori dell’industria, rilevate dall’ISTAT agli effetti della scala mobile sui salari.
Come è stato già evidenziato da Cass. 22 marzo 2001 la locuzione “limiti di reddito … calcolati agli effetti IRPEF indica in modo chiaro come il legislatore, nel ritenere che debba avere rilievo solamente la situazione personale dell’invalido, abbia voluto prendere a parametro il reddito dell’assistibile assoggettabile all’IRPEF, a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 3 e ss., e successive modificazioni.
Tale principio è stato di recente confermato dalla pronuncia 9 luglio 2008 n. 18825, la quale richiama le precedenti affermazioni nello stesso senso di Cass. 21 ottobre 1994 n. 8668 e 11 dicembre 2002 n. 17664, ed esso trova conferma pure nella giurisprudenza costituzionale, ove si è evidenziato che il legislatore con il D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, introdotto con la legge di conversione 29 febbraio 1980, n. 33, ha dato rilievo ai fini dell’erogazione della pensione di inabilità al solo limite di reddito individuale, e così anche nel caso dell’assegno corrisposto agli invalidi parziali, secondo quanto disposto dal medesimo art. 14 septies, nonchè dal D.L. 22 dicembre 1981, n. 791, art. 9, convertito nella L. 26 febbraio 1982, n. 54, e poi ancora dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12, (v. Corte Costituzionale n. 400 del 1999 e n. 88 del 1992).
Del resto, il decreto del Ministero dell’Interno 10 gennaio 1996, concernente la determinazione per l’anno 1996 degli importi delle pensioni, degli assegni e delle indennità a favore dei mutilati ed invalidi civili, ciechi civili e sordomuti, nonchè dei limiti di reddito prescritti per la concessione delle provvidenze stesse, fissava in L. 21.103.645, il limite di reddito dell’assistibile per fruire della pensione di inabilità, senza fare alcun accenno al reddito dei componenti del nucleo familiare.
Non è perciò condivisibile il diverso orientamento elaborato da Cass. 20 novembre 2002 n. 16363 e da Cass. 19 novembre 2002 n. 16311, e ancora precedentemente da Cass. 1992 n. 8816, che ritengono doversi fare riferimento, ai fini dell’accertamento del requisito reddituale per la prestazione in esame, al reddito del nucleo familiare dell’assistibile, sol perchè il cit. art. 14 septies, al comma 4, non contempla l’esclusione, ai fini del calcolo del suddetto requisito reddituale dell’invalido, di quello percepito da altri componenti il suo nucleo familiare, così come invece espressamente previsto dal cit. art. 14 septies, comma 5, per l’assegno mensile in favore dei mutilati e invalidi civili di cui alla L. n. 118 del 1971, artt. 13 e 17.
L’accoglimento del primo motivo comporta evidentemente l’assorbimento del secondo.
Accolto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Roma, in diversa composizione, la quale si atterrà al seguente principio di diritto: “Ai fini dell’accertamento del requisito reddituale richiesto per la pensione d’inabilità va considerato il reddito dell’invalido assoggettabile all’imposta sul reddito delle persone fisiche“.
Il Giudice di rinvio provvedere anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2009

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Sclerosi multipla, microbatterio sospetta causa

Micobatteri e Sclerosi Multipla

Lo studio è dell’università di Sassari e Cagliari

Lo studio è dell'università di Sassari e CagliariLo studio è dell’università di Sassari e Cagliari

Sassari, 16-04-2011

Un gruppo di ricercatori sardi delle Università di Sassari e Cagliari ha identificato il microbatterio che potrebbe essere il probabile fattore scatenate della sclerosi multipla.

Il Mycobacterium avium subspecies paratuberculosis (Map), che causa la paratubercolosi nei ruminanti, potrebbe essere una delle cause della sclerosi multipla.

I primi risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica internazionale “PloS One”. Il gruppo di ricercatori ha identificato una proteina del Map altamente omologa a una proteina umana che viene riconosciuta nei pazienti affetti da sclerosi multipla in Sardegna e potrebbe essere l’innesco della malattia.

Sclerosi multipla, micobatterio, sospetta causa by Rainews24.it

A group of researchers from the Universities of Sassari and Sardinia Cagliari mycobacteria has identified the likely factor that could be triggered multiple sclerosis.

Mycobacterium avium subspecies paratuberculosis (MAP), which causes paratuberculosis in ruminants, it could be a cause of multiple sclerosis.

The first results are published in the international scientific journal “PLoS One”. The group of researchers has identified a protein highly homologous to map a human protein that is recognized in patients with multiple sclerosis in Sardinia and may trigger the disease.

Un groupe de chercheurs des Universités de Sassari et Cagliari en Sardaigne mycobactéries a identifié le facteur de risque qui pourraient être déclenchés sclérose en plaques.

Mycobacterium avium sous-espèce paratuberculosis (MAP), ce qui provoque la paratuberculose chez les ruminants, ce pourrait être une cause de la sclérose en plaques.

Les premiers résultats sont publiés dans la revue scientifique internationale “PLoS One”. Le groupe de chercheurs a identifié une protéine très homologue à la carte une protéine humaine qui est reconnue chez les patients atteints de sclérose en plaques en Sardaigne et peut déclencher la maladie.

Sclerosi multipla, micobatterio, sospetta causa by Rainews24.it

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“Trib. Casale Monferrato, 7 maggio 2010, giud. A. Pellegri – “EVITARE IL DOLORE E’ DOVEROSO?” – Maria Rita MOTTOLA

Evitare il dolore è doveroso

Persona e danno

PERSONA e Diritti – Cendon e Partners

24 giugno 2010
“Trib. Casale Monferrato, 7 maggio 2010, giud. A. Pellegri – “EVITARE IL DOLORE E’ DOVEROSO?” –

Maria Rita Mottola

Il caso è particolarmente penoso: un giovane a seguito di un incidente stradale rimane in stato di coma per moltissimo tempo, al risveglio è affetto da una paresi che lo limita in ogni movimento, dimesso con la diagnosi di < >. Come confermato dai consulenti cui era stata affidata la consulenza, la condizione neurologica riscontrata comporta «un deficit di forza ai quattro arti, associato ad aumento del tono muscolare di tipo “piramidale”, con conseguenti retrazioni tendinee e sintomatologia dolorosa».
I genitori vengono a conoscenza che esiste un intervento che consente l’impianto della così detta pompa per l’amministrazione intratecale di Bacoflen ed alle connesse terapie riabilitative. La possibilità di immettere direttamente nel midollo spinale il farmaco consente di agire con maggiore efficacia e minori effetti collaterali. (il non nuocere a cui si riferisce il giuramento di Ippocrate).
Tale terapia è effettuata negli Stati Uniti e i genitori chiedono all’ASL competente di sostenere le spese necessarie. Il Centro di riferimento regionale presso l’Azienda Ospedaliera C.T.O di Torino esprimeva parere sfavorevole al ricovero all’estero, ed anche le richieste successive ottennero un diniego.
I genitori decisero di intervenire ugualmente. La causa nasce pertanto come richiesta di riconoscimento del rimborso per spese sanitarie effettuate all’estero ai sensi dell’art. 3 della l. 23 Ottobre 1985, n. 595che regolamenta le modalità per l’erogazione delle prestazioni sanitarie indirette, e così precisamente recita < >
I criteri per l’attuazione della norma sono stabiliti con il D.M. 3 Novembre 1989 del Ministro della Sanità che, tra l’altro stabilisce che il paziente può recarsi all’estero per effettuare la cura o l’intervento qualora < >. Detto decreto ancora precisa che non è indispensabile la preventiva autorizzazione nei casi di comprovata eccezionale gravità e urgenza.
Il giudicante, esaminate una serie di questioni pregiudiziali e preliminari favorevolmente al ricorrente, entra nel merito della controversia.
Qui interessa richiamare la questione giurisdizionale risolta a favore del giudice ordinario con richiamo espresso alla giurisprudenza della Cassazione in un caso del tutto simile.
«La devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, disposta dall’art. 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80 per le controversie “riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell’ambito del Servizio sanitario nazionale”, è esclusa – per espressa previsione della stessa disposizione – per le controversie relative a “rapporti individuali di utenza con i soggetti privati”, tra le quali sono da includere le controversie promosse da singoli utenti del Servizio sanitario per ottenere le prestazioni cui lo stesso è istituzionalmente preposto, relativamente alle quali l’individuazione del giudice fornito di giurisdizione deve dunque avvenire non in base al criterio della materia, ma in base a quello della consistenza della situazione giuridica di cui si domanda la tutela, vale a dire riconoscendosi la sussistenza della giurisdizione ordinaria relativamente ai diritti soggettivi ovvero quella generale di legittimità del giudice amministrativo relativamente agli interessi legittimi (nella specie, la S.C. ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla pretesa giudiziale di rimborso di spese sostenute per prestazioni chirurgiche indifferibili, che la struttura sanitaria pubblica non era in condizioni di assicurare)». (Cass., Sez. U, 9 agosto 2000, n. 558).
Del resto il ragionamento regge a eventuali contestazioni perché il giudice decidendo il merito della controversia ritiene che nel caso di specie siano integrati i requisiti dell’eccezionale gravità ed urgenza richiesti dall’art. 7 del succitato D.M. che non rende necessaria la preventiva autorizzazione.
Se, dunque, la possibilità di recarsi all’estero per le terapie, senza iniziare alcun procedimento amministrativo, la norma tratta l’ipotesi de quo alla stregua di un diritto soggettivo (spendo e poi chiedo il rimborso), e non a mero interesse legittimo (chiedo per ottenere l’autorizzazione). Da tale argomentazione discende la competenza del giudice ordinario, giudice dei diritti.
Le argomentazioni poste a sostegno dell’opposizione al rimborso da parte dell’ASL competente sono facilmente contestabili alla luce della qualifica di diritto primario dato ormai da tempo da giurisprudenza e dottrina, al bene salute.
Le norme in materia di consenso informato hanno ulteriormente approfondito la nozione di salute. E’ oggi innegabile che la guarigione clinica non possa essere considerata coincidente con il benessere fisico e psichico che sicuramente è altra cosa, ma è lo scopo finale sia delle norme poste a tutela della salute sia dell’attività medica.
Di recente la Corte Costituzionale ha negato l’incostituzionalità della norma regionale che limitava i compensi a strutture convenzionate con la seguente motivazione <

Dovere della struttura sanitaria è intervenire al fine di lenire il dolore, migliorando le condizioni generali del paziente, anche se non è possibile <> o anche se la < > è già stata decretata, o come correttamente afferma il giudice < < la possibilità di un miglioramento delle condizioni del paziente quanto meno con riferimento ad una sintomatologia dolorosa acuta e persistente>>.

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Caro Bomprezzi, ti quoto! :-)

Caro Franco Bomprezzi, ti quoto e mi permetto di riportare il tuo post da superando.it, perchè condivido appieno tutto il tuo malessere che poi è il nostro….

http://superando.it/content/view/7159/112/

Questa volta il danno è troppo grave per restare in silenzio

(di Franco Bomprezzi*)

È gravissimo lo stigma della copertina scelta nei giorni scorsi dal settimanale «Panorama», con il titolo “Scrocconi” e l’immagine di un Pinocchio in carrozzina, a introdurre un servizio sul fenomeno dei falsi invalidi. In quella copertina, infatti, non si distingue, si fa di ogni erba un fascio e si indica proprio la carrozzina, simbolo riconoscibile da tutti per denotare la disabilità vera. Tralasciando dunque anche lo scarso approfondimento di cui si avvale l’inchiesta – che si limita sostanzialmente a riproporre le veline dell’INPS, smentite dagli stessi medici dell’Istituto – il danno arrecato questa volta a un’intera parte del Paese è troppo grave per restare in silenzio

Dito puntato in primo piano. Sullo sfondo volto sfuocato di uomo
Per qualche giorno ho nutrito l’illusione che i festeggiamenti per l’Unità d’Italia stessero restituendo al Paese e ai suoi abitanti un autentico senso di appartenenza a una storia comune, e soprattutto a valori condivisi, rappresentati dalla Costituzione.
Ho perfino pensato che poteva essere un punto di svolta civile, “prepolitico”, non legato cioè alle continue e insopportabili lacerazioni provocate da un malinteso bipolarismo. Mi sono riconosciuto nelle parole del presidente Napolitano [se ne legga cliccando qui l’intervento letto in apertura delle celebrazioni del 17 marzo, N.d.R.], e mi ha fatto piacere vedere strade e teatri pieni di gente sorridente, con la bandierina tricolore e la coccarda. Il fatto è che pensavo all’Italia dello “stare insieme”, quella che riesce quasi sempre a trovare una soluzione ragionevole ai problemi e alle difficoltà, facendo appello a tolleranza, umanità, laboriosità, onestà, amicizia.
Mi sono ricordato di quando, da ragazzino, studiavo il Risorgimento su libri pieni di retorica nazionalista, ma comunque capaci di emozionarti per un’epopea nazionale all’interno della quale non era così difficile riconoscere almeno qualche risultato utile per tutti: la lingua comune, l’istruzione, la salute, la democrazia.
Mi sono sempre sentito “italiano” forse perché, nato a Firenze, a causa dei trasferimenti cui mio padre doveva sottoporsi per lavoro, ho vissuto non solo in Toscana, ma anche in Abruzzo e nel Veneto, prima di scegliere, da adulto, Milano e la Lombardia. Perciò ho amici e buoni ricordi in mezza Italia, e l’altra metà l’ho conosciuta negli anni dell’impegno sociale, nelle associazioni delle persone con disabilità, ad esempio.
Quando, da presidente della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), sono stato praticamente in tutte le Regioni italiane, vedendo da vicino le differenze e i punti in comune, apprezzando il lavoro difficile che famiglie e persone con disabilità devono compiere ogni giorno per combattere contro pregiudizi, barriere, ingiustizie, carenze normative e di servizi.

Ero dunque quasi sereno, sia pure senza che ve ne fosse davvero motivo, solo per una sensazione gradevole di una ventata di aria buona in un periodo così difficile di convivenza politica e sociale. Poi mi sono imbattuto nell’ultima copertina del settimanale «Panorama» [la si veda cliccando qui, N.d.R.]. Il titolo non ammette sfumature: Scrocconi. L’immagine non potrebbe essere più chiara: una carrozzina stilizzata, su cui siede un Pinocchio altrettanto stilizzato. Il sommario che rimanda a un’inchiesta “esclusiva” recita così: Invalidità inesistenti, certificati falsi, pensioni regalate. Ecco chi sono i furbi (e i loro complici) che fregano l’Inps. A nostre spese.
Ho avuto un trasalimento e un senso di nausea. Mi sono ricordato subito dei manifesti del nazismo che hanno accompagnato la campagna per la sterilizzazione dei disabili e poi per l’eutanasia, il cosiddetto “Programma T4” [se ne legga nel nostro sito tra l’altro cliccando qui, N.d.R.]. Anche allora, in piena crisi economica, comparvero manifesti (se ne veda un esempio cliccando qui), che legavano strettamente i sacrifici economici della povera gente agli sprechi per tenere in vita persone “improduttive”. I simboli, infatti, servono in epoche di questo tipo a deviare l’attenzione verso nemici sui quali scaricare le tensioni sociali.

In Italia la campagna sui falsi invalidi, partita su alcuni dati di fatto, comunque circoscritti e rispetto ai quali è necessario un approfondimento anche statistico, come fa da tempo, con grande rigore, la FISH (Federazione Italiana per il superamento dell’Handicap), si è trasformata nel tempo in un esempio vergognoso di come si possano deviare risorse e competenze pubbliche verso obiettivi di drastica riduzione complessiva della spesa sociale, eliminando, attraverso procedure discutibili e spesso disumane di controllo dello stato di invalidità civile, pensioni e indennità assolutamente legittime (come testimonia l’altissima percentuale di ricorsi alla Magistratura vinti dai Cittadini).
Lo scriviamo e lo documentiamo da tempo. Le fonti non mancano, basta consultarle, basta fare bene il mestiere di giornalista, che richiede competenza e umiltà. E invece Stefano Vespa, fratello del più noto Bruno, si lancia in alcune pagine di densa scrittura, che sono semplicemente il “copia e incolla” delle veline dell’INPS, già smentite dagli stessi medici dell’Istituto. L’inchiesta “esclusiva”, quindi, fa cadere le braccia e non solo.
Ma al di là del giudizio sul pezzo pubblicato da «Panorama» (quanta distanza col newsmagazine al quale ero abbonato da giovane, quando lo dirigeva Lamberto Sechi…), la questione più grave e inquietante è la scelta di dedicare la copertina del settimanale a questo tema, nelle giornate dell’incubo nucleare, della crisi libica, dei tanti processi al premier, del federalismo che passa, della riforma della giustizia, tanto per citare argomenti assolutamente bipartisan.
Il direttore di «Panorama» non ha certo scelto questo tema in modo casuale. C’è un pensiero dietro, c’è sicuramente un disegno ben preciso. Lo stigma di quella copertina è gravissimo: in copertina non si distingue, si fa di ogni erba un fascio. Si indica la carrozzina, simbolo riconoscibile da tutti per denotare la disabilità, quella vera. Ritengo questa scelta assolutamente vergognosa e scorretta deontologicamente. Ovviamente siamo in regime di libera informazione, e l’articolo 21 della Costituzione vale per tutti, anche per «Panorama». Ma il danno arrecato questa volta a un’intera parte del Paese è troppo grave per passare in silenzio.

*Testo apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il titolo Fratelli d’Italia o “scrocconi”?, qui ripreso con alcuni adattamenti.

Sul tema dei controlli delle certificazioni di invalidità, segnaliamo anche, sempre nel nostro sito: I ritardi dell’INPS e la pazienza sempre più scarsa dei Cittadini (di Carlo Giacobini, cliccare qui); Invalidità civile: dura denuncia dei medici dell’INPS (cliccare qui); Quei medici dell’INPS e l’Italia dei veri «responsabili» (di Franco Bomprezzi, cliccare qui); Le omissioni dell’INPS e lo sfacelo degli accertamenti (cliccare qui); Se «sparare sulla Croce Rossa» diventa uno sport ufficiale (di Antonio Bondavalli, cliccare qui); In troppi hanno scambiato l’INPS per l’ISTAT! (cliccare qui); Come gonfiare le statistiche dei «falsi invalidi» sulla pelle di quelli veri (cliccare qui); Perché la FISH critica l’INPS (cliccare qui); E se i giornalisti fanno bene il loro mestiere… (di Franco Bomprezzi, cliccare qui); A quei governanti che difendono il valore della famiglia e della vita… (di Varis Rossi, cliccare qui); Scarse e talora confuse le informazioni dall’INPS (di Francesca Bellafemmina, cliccare qui); Disabilità: quanto mi costi! (di Marino Marini, cliccare qui).
Ultimo aggiornamento (lunedì 21 marzo 2011 11:04)
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Neurologia, nuovo rapporto sulla CCSVI

Sclerosi Multipla e CCSVI e SIN

Neurologi: rapporto sclerosi multipla - CCSVI non è certo.SIENA – “Non esiste, ad oggi, alcuna indicazione a sottoporsi ad intervento chirurgico per correggere una CCSVI, perché il rapporto tra questa e la sclerosi multipla non è certo”. Così il Prof. Antonio Federico, presidente della Società Italiana di Neurologia (SIN), al convegno “Controversie in Neurologia” tenutosi oggi al Policlinico di Siena.

“Il susseguirsi di notizie – ha proseguito il professor Federico – riguardanti le relazioni potenziali tra alterazioni strutturali dei vasi venosi del collo deputati al circolo refluo dal cervello e dal midollo spinale e la sclerosi multipla, nonché la possibile efficacia e sicurezza di procedure terapeutiche atte a rimuovere tali alterazioni, ci ha già più volte indotto a prendere una posizione a difesa della salute dei pazienti” (vedere articolo di BrainFactor del 27/10/2010 “Sclerosi multilpla, neurologi cauti su legame con CCSVI”).

“E’ una controversia delicata alla luce di esperienze contrastanti che richiedono, a nostro avviso, un confronto da condursi con toni pacati e costruttivi al fine di individuare strategie di azione razionali nell’interesse generale e, soprattutto, dei pazienti”, ha concluso il presidente SIN.

All’incontro ha preso parte anche il prof. Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara, sostenitore dell’ipotesi di un possibile ruolo delle alterazioni dei vasi venosi del collo e intracranici (CCSVI) quale fattore causale della sclerosi multipla. Presenti al dibattito anche Fabrizio Salvi dell’Università di Bologna, Roberto Floris e Diego Centonze dell’Università di Roma Tor Vergata, Claudio Baracchini e Paolo Gallo dell’Università di Padova.

“Studi pubblicati dal professor Zamboni dell’Università di Ferrara hanno messo in evidenza un’associazione tra SM e segni di CCSVI nella totalità dei malati di sclerosi multipla; l’ipotesi è che un reflusso venoso cerebrospinale possa determinare un aumento della pressione endovenulare e un danno della barriera ematoencefalica, seguiti da deposito di ferro nel tessuto che avvia il processo infiammatorio immuno-mediato proprio della SM”, ha spiegato il prof. Paolo Gallo del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e membro del Gruppo di studio sulla sclerosi multipla della SIN.

“Zamboni e colleghi – ha proseguito Gallo – pur non avendo mai studiato la CCSVI nelle fasi iniziali di SM e proponendo un nesso di causalità fra la CCSVI e l’SM, hanno successivamente condotto uno studio interventistico in aperto sottoponendo ad angioplastica quei pazienti SM con diagnosi ultrasonografica di CCSVI ed ottenendo significativi risultati clinici”.

“Tuttavia – ha sottolineato il prof. Claudio Baracchini dell’Università di Padova – nonostante questi risultati, sono rimasti aperti numerosi quesiti: la CCSVI è la causa della SM? Tale condizione ne influenza il decorso clinico contribuendo alla progressione della disabilità? O è la SM che determina la CCSVI? Ed in tale caso qual è il suo significato clinico?”

“Dall’analisi degli studi del professor Zamboni – ha proseguito Baracchini – sono emersi, inoltre, alcuni aspetti critici che riguardavano la metodologia usata per diagnosticare la CCSVI: lo studio venoso transcranico condotto con metodica non validata, l’inadeguatezza della strumentazione usata, l’utilizzo di criteri ultrasonografici non validati da studi internazionali o multicentrici controllati, una metodologia che non prevedeva l’analisi dei dati in doppio cieco”.

“Gli studi che abbiamo realizzato all’Università di Padova (uno già pubblicato sugli Annals of Neurology, l’altro in pubblicazione sulla prestigiosa rivista Neurology – NdR), condotti in cieco sia con metodica ultrasonografica che venografica, su un numero totale di 110 pazienti e 170 controlli non ha mai evidenziato una alterazione dell’emodinamica venosa cerebrale. Pertanto i nostri dati non confermano l’associazione tra CCSVI ed SM proposta da Zamboni”, ha detto Baracchini.

Questi dati, dunque, solleverebbero dubbi sulla stessa esistenza della CCSVI, sostengono i neurologi SIN: “Considerando la criticità dell’argomento e le aspettative terapeutiche indotte nei pazienti, l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla e la Fondazione che a lei fa riferiemnto (AISM – FISM) promuoverà uno studio multicentrico su un elevato numero di pazienti: “sarà il più ampio studio epidemiologico e multicentrico volto a verificare l’associazione della CCSVI nella SM: solo dopo aver risposto definitivamente ai quesiti sopra citati sarà possibile proporre un eventuale intervento di angioplastica che al momento attuale è ingiustificato e potenzialmente pericoloso”.

Il consiglio dei neurologi della SIN ai pazienti è chiaro: “In assenza di procedure diagnostiche standardizzate e di una chiara dimostrazione di un rapporto tra CCSVI e SM, non è in alcun modo indicata la correzione chirurgica anche in caso di anomalie documentate del sistema venoso, dal momento che le stesse anomalie possono essere presenti anche in persone  sane e in altre malattie neurologiche. Affidarsi ad improvvisati terapeuti può essere non solo inutile ma potenzialmente pericoloso”…

Ultimo aggiornamento ( Mercoledì 16 Marzo 2011 20:21 )

Neurologists: report multiple sclerosis – is not CCSVI certo.SIENA – “There is to date no indication to undergo surgery to correct a CCSVI, because the relationship between this and MS is not certain.” So Prof. Antonio Federico, president of the Italian Society of Neurology (SIN) at the conference “Controversies in Neurology” held today at the General Hospital of Siena.

“The succession of news – said Professor Fred – concerning potential relationships between structural alterations of the venous vessels of the neck to the club members effluent from the brain and spinal cord and multiple sclerosis, and the possible efficacy and safety of therapeutic procedures designed to remove such alterations, has already prompted several times to take a stand to protect the health of patients “(see the article BrainFactor 27/10/2010” multilpla Sclerosis, neurologists cautious on ties with CCSVI).

“It ‘s a mild controversy in the light of contrasting experiences which, in our view, a comparison to be carried out with soft tones and constructive in order to identify strategies for rational action in the public interest and, most importantly, patients”, concluded the President SIN.

The meeting was also attended by prof. Paolo Zamboni, University of Ferrara, a supporter of the hypothesis of a possible role of alterations of the venous vessels of the neck and intracranial (CCSVI) as a causal factor of MS. Fabrizio Salvi also present in the debate at the University of Bologna, Roberto Flores and Diego Centonze, University of Rome Tor Vergata, Claudio Baracchini and Paul Gallo of the University of Padua.

“Studies published by Professor Zamboni, University of Ferrara have shown an association between MS and all the signs of CCSVI in multiple sclerosis, the assumption is that a cerebrospinal venous reflux can lead to increased pressure and a endovenulare damage the blood-brain barrier, followed by iron deposition in the tissue that starts the immune-mediated inflammatory process characteristic of MS, “explained Professor. Paolo Gallo, Department of Neuroscience at the University of Padua and a member of the Study Group on Multiple Sclerosis of the SIN.

“Zamboni and colleagues – continued Gallo – despite never having studied the CCSVI in the early stages of MS, suggesting a causal link between the CCSVI el’SM, subsequently conducted a study of interventional open undergoing angioplasty patients diagnosed with MS ultrasound CCSVI and obtaining significant clinical results. “

“However – said prof. Baracchini Claudio University of Padua – despite these achievements, many questions remained open: CCSVI is the cause of MS? This condition will influence the clinical course contributes to the progression of disability or is it the SM determining CCSVI? And if so, what is its clinical significance? “

“From the studies of Professor Zamboni – continued Baracchini – There are also some critical issues related to the methodology used to diagnose CCSVI: Venous transcranial study conducted not validated, the inadequacy of the instrumentation used, the ‘use of criteria not validated by ultrasound or international multicentre studies, a methodology that did not include data analysis, double-blind. “

“The studies we have done at the University of Padova (one already published in the Annals of Neurology, the other publication in the prestigious journal Neurology – Ed), blinded both with ultrasound technique that venography, a total of 110 patients and 170 controls has never shown an alteration in cerebral venous hemodynamics. Therefore, our data do not confirm the association between MS and CCSVI proposed by Zamboni, “said Baracchini.

These data, therefore, raise doubts about the existence of CCSVI, say neurologists SIN: “Considering the critical nature of the subject and the therapeutic expectations induced in patients, the Italian Multiple Sclerosis Society and the Foundation that she does riferiemnto (AISM – IMF) will promote a multicenter study of a large number of patients “will be the largest multi-center epidemiological study designed to assess the association of CCSVI in MS only after definitive answers to the questions above will be possible to propose a possible angioplasty that at present it is unjustified and potentially dangerous. “

The Council of the SIN neurologists to patients is clear: “In the absence of standardized diagnostic procedures and a clear demonstration of a relationship between CCSVI and SM, is in no way indicated surgical correction in case of documented abnormalities of the venous system, since the same abnormalities may be present in healthy people and in other neurological diseases. Relying on makeshift therapists can be not only unnecessary but potentially dangerous “…
Last Updated (Wednesday, 16 March 2011 20:21) Continua a leggere

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