in italia:
http://www.aism.it/piazze.aspx?idss=14
Per gentile concessione, una risposta ad un mio quesito da parte dell’Avvocato.
i nostri diritti come lavoratori in malattia.
Silvia Bruzzone – Avvocato –Il lavoratore, pubblico o privato, che si assenta per malattia ha diritto a un periodo, detto di comporto, durante il quale gli viene garantito il mantenimento del posto di lavoro e la retribuzione economica. Durante tale periodo, variabile in base ai singoli contratti collettivi, il datore di lavoro ha il divieto di licenziare il lavoratore.
Di solito, il contratto distingue due ipotesi: il comporto secco, ovvero il termine di conservazione del posto nel caso di un’unica malattia di lunga durata, e il comporto per sommatoria, ovvero il termine di conservazione del posto nel caso di più malattie non consecutive (ad esempio nel contratto può essere indicato un certo numero di giorni nell’arco degli ultimi 3 anni). Occorre comunque sempre verificare quanto riportato nel contratto avvalendosi del conteggio fatto da un studi legali specializzati o da Patronati.
Scaduto il termine di comporto, il lavoratore può essere licenziato anche se seriamente malato a meno che non si dia dimostrazione del fatto che le ripetute assenze erano dovute a episodi dovuti ad inadempienze rispetto alle indicazioni fornite dal medico competente o per evidenti violazioni delle norme sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
La legge e la contrattazione collettiva nazionale impongono al lavoratore, in caso di malattia, precisi obblighi nei confronti del datore di lavoro. Per i lavoratori a tempo indeterminato dell’industria, dell’agricoltura, per gli apprendisti e per i lavoratori sospesi, spetta per un periodo massimo di 180 giorni per ciascun anno solare: i primi tre giorni sono a carico del datore di lavoro, mentre dal quarto giorno di assenza l’Inps provvede al pagamento.
Durante la malattia il lavoratore (anche extracomunitario) percepisce, in sostituzione della retribuzione, la relativa indennità.
Quest’ultima spetta:
alla quasi totalità degli operai del settore privato;
agli impiegati del settore Terziario e Servizi (ex commercio);
ai disoccupati e sospesi dal lavoro (appartenenti alle categorie sopra indicate) purché il lavoro sia cessato o sospeso da non più di 60 giorni prima dell’inizio della malattia.
ai lavoratori con contratto a tempo determinato il diritto all’indennità di malattia spetta per periodi non superiori all’attività svolta nell’ultimo anno, con un massimo di 180 giorni annui, e cessa in concomitanza con la cessazione del rapporto di lavoro; è garantita comunque fino a 30 giorni di malattia anche se nell’ultimo anno il lavoro è stato svolto per meno di 30 giorni;
ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’indennità spetta a condizione che risultino iscritti per almeno 51 giornate negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dell’anno precedente o, in caso di primo anno di iscrizione, previo rilascio del certificato d’iscrizione d’urgenza;
ai lavoratori in part-time verticale l’indennità spetta solo per le giornate in cui è previsto lo svolgimento dell’attività lavorativa. Non vengono, quindi, indennizzate le giornate di pausa contrattuale;
ai lavoratori parasubordinati spetta, per un massimo di 180 giorni nell’anno solare, l’indennità in caso di ricovero ospedaliero e, dal 1° gennaio 2007, spetta anche l’indennità giornaliera di malattia, interamente a carico dell’Inps.
L’indennità di malattia, il cui importo è pari al 50% di quello corrisposto in caso di ricovero ospedaliero, spetta per un numero massimo di giorni pari a 1/6 delle giornate lavorate nei 12 mesi precedenti l’inizio della malattia, e comunque per almeno 20 giorni.
Nessuna indennità di malattia è prevista per il lavoratori autonomi e per i collaboratori familiari (colf e badanti).
Il trattamento economico per i dipendenti pubblici presenta delle peculiarità: per i periodi di malattia di qualunque durata, nei primi dieci giorni di assenza il lavoratore ha diritto al trattamento economico fondamentale, con esclusione di ogni indennità o compenso aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio.
E’ bene verificare le relative clausole nel proprio contratto collettivo nazionale di comparto.
Il Decreto Brunetta del 2008 specifica che “resta fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita.
Il trattamento economico relativo ai congedi viene regolamentato dai singoli contratti di lavoro nazionali.
Data la diversità dei CCLN, occorre presentare all’amministrazione di appartenenza che deve accettare la domanda di congedo, un accertamento da parte della commissione ASL.
Ai medici legali delle ASL che si devono pronunciare sulla sussistenza della “grave patologia” e della terapia salvavita è necessario presentare:
copia del contratto collettivo di lavoro, del comparto in cui lavora la persona;
certificato di diagnosi;
certificazione del neurologo curante in cui si indica il tipo di terapia effettivamente praticata e i relativi giorni (date) di somministrazione, oltre alla presunta durata della stessa; nel certificato deve essere dettagliatamente indicato quali siano gli effetti collaterali della terapia per il singolo individuo che privano lo stessa della capacità lavorativa e che rendono necessaria l’assenza dal lavoro.
Non essendoci dei parametri stabiliti per legge, per le commissioni ASL, per individuare i casi effettivamente da certificare, risultano fondamentali le relazioni specialistiche chiare e complete.
Nel caso in cui, nonostante le indicazioni fornite sui trattamenti farmacologici e le indicazioni riguardanti il caso specifico della persona con SM, la commissione neghi i il congedo, si può fare ricorso all’autorità giudiziaria.
a cura di Avv. Silvia Bruzzone
htpp:www.avvsilviabruzzone.com
Nessun effetto terapeutico. Sbagliato illudere i malati
http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/nessuna-effetto-terapeutica.aspx
Ho letto una rivolta tumultuosa online, dopo l’inserimento di questa pagina in internet fatta dall’autore dell’articolo, concordando che sicuramente è vero che non si possono illudere gli ammalati di SM, per una guarigione, ma con questo prodotto usato in pratica medica si possono lenire dolori urenti, continui e devastanti.
E’ vero, non serve illudere le persone con la Sclerosi Multipla, è una patologia con la quale convivo da tanti anni, troppi per continuare a stare male, e sono una fra i tanti in attesa del Sativex e la sua introduzione in Italia a scopo terapeutico, a carico del SSN, perchè non posso permettermi di spendere 680 euro a confezione!
Ho voluto avere informazioni maggiori a livello medico, e mi sono rivolta, inviandogli l’articolo postato online, ad uno dei tanti amici “angeli custodi medici ” che mi sono trovata dopo la morte di mio fratello che era un chirurgo, e che ancora in vita mi parlava di questa sostanza cannabinoide, come un domani potesse lenire le sofferenze dolorose dei pazienti con malattie neurodegenerative, tumorali, ecc. utilizzata a scopo farmaceutico. Sono contraria all’uso personale della cannabis e relativa coltivazione, perchè sarebbe incentivare abuso, e creare una sorta di alibi ad utilizzare senza controllo questa sostanza, come molte altre psicotrope senza controllo anche per un banale mal di pancia. Diverrebbe una sorta di autorizzazione al fai da te!
Vorrei invece che il problema venisse affrontato come sta già accadendo in alcune regioni Italiane, in maniera seria, adottando regole e provvedimenti per favorire questo utilizzo sia di Sativex che Bedrocan, Nabilone ed altri che non sto a citare, presso i centri di cure per il dolore, e di neurologia ed oncologia, a regime SSN, non a carico del paziente, seguendo protocolli, e sempre sotto stretto controllo specialistico.
Ecco cosa ho ricevuto, da questa “presenza”, che chiamerò “Herman” in ricordo di mio fratello Ermanno. Sperando possa aiutare a capire di cosa si parla e perchè si sta lottando per avere questo tipo di farmaci.
“FARMACI CANNABINOIDI E TRATTAMENTO SINTOMATICO DEL DOLORE E DELLA SPASTICITA’ MUSCOLARE”
Da anni sono in uso nel nord America e nel nord d’Europa farmaci cannabinoidi per il trattamento sintomatico di disturbi afferenti per lo più all’area di competenza neurologica.
In Italia è previsto l’uso di sostanza psicotrope ad uso medico con attività terapeutica dimostrata quali barbiturici, benzodiazepine ed oppiacei.
Per quel che riguarda i derivati della cannabis nel 2006 il Ministero della Salute, con un’ordinanza, consentiva la importazione di cannabinoidi a scopo terapeutico.
Attualmente i medesimi non sono presenti su mercato italiano.
Per ordinare all’estero tali specialità medicinali, occorre seguire la procedura richiesta dall’ art. 2 del D.M. 11.02.1997 (Importazione di specialità medicinali registrate all’estero).
A questo ultimo si rimanda.
Il senso ultimo di queste righe vuole essere, nella intenzione di chi scrive, un commento all’articolo apparso su Avvenire del 02.02.2013 dal titolo “Nessun effetto terapeutico. Sbagliato illudere i malati”
Personalmente sono fondamentalmente in accordo con l’autore dell’articolo: sia dove dice che i cannabinoidi non hanno alcun effetto terapeutico sull’andamento della patologia di base sia dove dice che essi agiscono quali sintomatici sulla spasticità muscolare e sul dolore.
La opinione di chi scrive è che si stia facendo un poco edificante uso strumentale circa l’argomento “farmaci cannabinoidi”.
Questo fa male ai pazienti ed allontana la idea dello sdoganamento delle sostanze in questione quali sostanze ad effetto terapeutico/sintomatico.
Non è giusto illudere i pazienti: assolutamente concorde!
Non esiste EBM (“evidence based medicine” ovvero medicina basata sull’evidenza) a favore in un loro effetto terapeutico sulla evoluzione della patologia. Ma è altrettanto vero che esistono evidenze circa l’effetto sintomatico della spasticità e del dolore (non solo nei pazienti affetti Sclerosi Multipla, poiché la spasticità dolorosa ad esempio nello Stroke o Ictus, si giova comunque del cannabinoide ad uso sintomatico). E ciò non è poco!
Il dolore da spasticità muscolare produce sofferenza comunque nei pazienti; non importa (al dolore, alla sofferenza) se chi ne è colpito sia di destra o di sinistra. Il dolore fa solo il suo sporco lavoro: causa sofferenza all’essere umano
I farmaci cannabinoidi sono efficaci nel dolore da spasticità muscolare come “sintomatici” mentre non vi è alcuna evidenza basata sulla medicina che abbiano un qualche effetto sulla evoluzione della patologia di base.
Essi possono essere prescritti dal medico di famiglia o dallo specialista ospedaliero. Pertanto sempre e solo sotto controllo medico.
Poche righe ancora circa il meccanismo d’azione
Il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) agisce a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC) stimolando il rilascio di dopamina dal nucleus accumbens, provocando nella persona reazioni sia fisiche che psichiche (compreso alcuni effetti collaterali). Il legame dei cannabinoidi ai recettori CB1 causa una inibizione presinaptica del rilascio di vari neurotrasmettitori (in particolare dopamina, NMDA e glutammato), ed una stimolazione delle aree della sostanza grigia periacqueduttale (PAG) e del midollo rostrale ventromediale (RVM), che a loro volta inibiscono le vie nervose ascendenti del dolore.
A livello del midollo spinale il legame dei cannabinoidi ai recettori CB1 causa una inibizione delle fibre afferenti a livello del corno dorsale, ed a livello periferico il legame dei cannabinoidi con i recettori CB1 e CB2 causa una riduzione della secrezione di vari prostanoidi e citochine proinfiammatorie, la inibizione del segnale doloroso.
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