Da “Il Piccolo Alessandria”, ringrazio il direttore Alberto Marello che mi ha donato uno spazio. Sono stanca di essere solo un corpo. Lettera aperta inviata davvero ad un medico, un attimo della mia vita dolorosamente lesa nel mio intimo essere solo Persona e non….
Categoria: gli abbandoni di ogni genere…
il fuggitivo costretto, ed imparare a dirsi addio…
Lo strazio di un Addio improvviso lascia un vuoto attonito, deprivazione senza senso e risposte inevase. Subentra disperazione e in seguito la razionalizzazione dell’ evento. Il tempo, da soli o aiutati da amici ti porteranno al compromesso dell’accettazione non facile della Liberazione.
Arrivi alla condivisa nostalgia serena di emozioni che ti porterai appresso, accettando il “Fuggitivo costretto”.
L’attimo che apprendi della Vita non Vita, segnata da destino crudele, regalata da civiltà senza scrupoli. Tu partecipe ad un film “horror” come é la pestilenza della morte bianca. Immersa nell’ incubo doloroso dell’io. Accompagnarsi insieme ad un congedo dove il “qui ed ora” sono più che mai unica risorsa ad avere una motivazione alla lotta comune in famiglia. Non pensavo di “ri-vivere” e “ri-condividere” questa agonia di vita con un affetto profondo. Prima rabbiosa, incredula, dopo riemerge il “déjà vu” del passato. Dolore assurdo, senza peso, senza forma ma primordiale, tu spaventosamente impotente. Egoisticamente “compressa”, attonita con il grande desiderio di fare “cambio” per non subire questo strazio, rendendoti consapevole che non é una scappatoia per difenderti da un nuovo Abbandono, a maggior ragione, quando ne hai appena metabolizzati altri…troppi.
E poi? Un incontro: un “magico ed inatteso” pomeriggio. Avrei voluto non esserci, come e cosa potevo dire? il sapere consolare? Aiutare? Nello stesso tempo desiderosa di recuperare attimi che si sono dimenticati, persi perché si sono create altre famiglie smistate dal fusto della Vita. Vorresti proteggere e proteggerti…sei inadeguata, piccola e tremendamente” inutile”. Scopri, dopo ore di parole uniche intime di condivisione di un dolore più forte di noi, che si può piangere insieme, emozionarsi. Si, si può fare senza usare la bilancia, con tenerezza estrema…Anche il dolore potrebbe divenire tenero se lo si percepisce con affetto immenso. Strano assurdo dolore: tenerissimo.
La grande serenità vera ma anche straziante che si riesce a percepire intimamente, facendola tua, sperando di riuscire a restituirla con la sua stessa accettata rassegnazione e realizzazione ragionata che questa è : Vita.
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Giuramento di Ippocrate
29 maggio 2003 dedicato a Ermanno
Come si fa a farsi scivolare tutto quello che ci fa male dalle spalle?
come fate voi medici a vedere la sofferenza e a valutarla?
come fate voi medici a superare il dolore della morte altrui?
come fate voi medici a superare la vostra impotenza? il dolore che alcuni non riescono….a superare e si fanno male da soli?
cosa non sono riuscita a fare per salvare mio fratello medico che si è lasciato morire per impotenza, non curandosi, per non essere riuscito a salvare le proprie radici e le persone che amava piu della sua vita?
aiutami a capire….
giuramento di “Ippocrate”
GIURAMENTO di IPPOCRATE
Testo “classico” del Giuramento Ippocratico.
Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni che adempirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto scritto. Terrò chi mi ha insegnato quest’ arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito contratto con Lui, e considerò i suoi figli come fratelli, e insegnerò loro quest’arte se vorranno apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti. Metterò a parte dei precetti e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho appreso i miei figli del mio maestro e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il giuramento medico e nessun altro. Scegliero’ il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un’ iniziativa del genere; e neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l’aborto. Conserverò pia e pura la mia vita e la mia arte. Non opererò neppure chi soffre di mal della pietra, ma cederò il posto a chi è esperto di questa pratica. In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni offesa e da ogni danno volontario, e soprattutto da atti sessuali sul corpo delle donne e degli uomini, sia liberi che schiavi. Tutto ciò ch’io vedrò e ascolterò nell’esercizio della mia professione, o anche al di fuori della della professione nei miei contatti con gli uomini, e che non dev’essere riferito ad altri, lo tacerò considerando la cosa segreta. Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti della vita e dell’ arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini; se lo trasgredirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario.
GIURAMENTO
Testo “moderno”
Consapevole dell’ importanza e della solennità dell’ atto che compio e dell’ impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’ uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’ esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione. Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’ urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità a disposizione dell’Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’ esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di astenermi dall’ “accanimento” diagnostico e terapeutico.
How do we get what we all slip from his shoulders hurt?
how do you doctors to see the suffering and evaluate it?
how do you doctors to overcome the pain of the death of others?
how do you doctors to overcome your impotence? the pain that some can not overcome …. and hurt yourself?
What I could not do to save my brother’s doctor who is left powerless to die, not worrying, not to be able to save their roots and the people she loved most of his life?
Help me understand ….
oath of “Hippocrates”
Hippocratic Oath
“Classic” texts of the Hippocratic Oath.
I swear by Apollo physician and Asclepius and Hygieia and Panacea and by all the gods and goddesses, calling witnesses who will fulfill according to my strength and I believe this oath and this covenant written. I will keep those who taught me this’ art on behalf of parent and will share with him my goods, and whether it will need to put some of my possessions in exchange for the debt contracted with him, and saw his children as brothers and teach them this art if they want to learn it, without demanding compensation or written agreements. I’ll put aside the precepts and oral teachings and everything I’ve learned my children and my master’s disciples who have signed the covenant and the oath, and no other doctor. Choose ‘the scheme for the benefit of the sick according to my strength and my opinion, and I will not harm and offense. Somministerò not to anyone, even if requested, no deadly medicine, and never take a ‘initiative of this kind, nor ever will give a woman a means to procure abortion. Pious and pure cherish my life and my art. Will not operate even those suffering from ill of the stone, but will give way to those with expertise in this practice. In all the houses I will visit will come for the good of the sick, refraining from any injury and damage every volunteer, and especially from sexual acts on the bodies of women and men, both free and slaves. Everything I see and hear in the exercise of my profession, or even outside of the profession in my contacts with men, and that it must relate to others, whereas I shall conceal the secret thing. If you will fulfill this oath and do not betray him, I can enjoy the fruits of life and ‘art, estimated in perpetuity by all men, and if you transgress and spergiurerò, could touch me quite the opposite.
OATH
Text “modern”
Aware of the ‘importance and the solemnity of’ task and note that ‘commitments, swear to practice medicine in freedom and independence of mind and behavior; sole purpose of pursuing the defense of life, the protection of physical and mental health of ‘man and the alleviation of suffering, which will inspire continued commitment and responsibility with scientific, cultural and social, all my professional action; not to commit acts likely to never intentionally cause the death of a patient to stick to my business to ethical principles of human solidarity, against which, in respect of life and the person will never use my knowledge, use of my work with diligence, skill, prudence and in good faith and observing the rules of ethics that govern ‘ practice of medicine and legal and which are not in conflict with the goals of my profession, my reputation to rely solely on my professional and my own moral qualities, to avoid, even outside of ‘professional practice, every action and behavior prejudicial to the prestige and dignity of the profession. To meet colleagues in case of conflict of opinions, to treat all my patients with equal care and commitment regardless of the feelings they inspire me and without any distinction of race, religion, nationality, social status and political ideology, to assist ‘s urgency to any patient who needs it and put in the case of public calamity to the competent authority, to respect and facilitate in every case the patient’s right to free choice of doctor, given that the relationship between doctor and patient is based on trust and mutual respect in any case, to observe secrecy on anything that is confided to me, see, or that I have seen, heard or sensed in the ‘exercise of my profession or because of my state; of refrain from the ‘rage’ diagnosis and therapy.
Il Lutto e il suo travaglio…
di Livia Crozzoli Aite
” se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, tutto è stato inutile” (Etty Hillesum)
Parametri culturali e simbolici
Attualmente nella nostra società c’ è un mutismo disumano e una sordità totale di fronte alla morte e al lutto. Certamente si tratta di eventi che prospettano problematiche complesse, difficili, alcune antiche quanto l’uomo e altre del tutto nuove, ma la tendenza più diffusa è quella di emarginarle dalla dimensione sia individuale che collettiva del vivere.
Le prendiamo in considerazione soltanto quando la malattia grave, la perdita di una persona a noi cara e il cordoglio per la sua morte, ci fa toccare con mano e da vicino queste dimensioni. In quei momenti ci accorgiamo che siamo soli e del tutto impreparati ad affrontare questi travagli.
Negli ultimi decenni le mutate circostanze economiche, sociali, storiche, politiche, etiche, religiose e scientifiche hanno modificato i nostri parametri culturali e i nostri universi simbolici di riferimento, estromettendo la dimensione del morire dalle nostre coscienze, oltre che dalle nostre case.
Se pensiamo che fino alla prima metà del secolo scorso si moriva prevalentemente in casa e l’avvicinarsi della morte era vissuto come un evento dinamico, trasformativo e socialmente condiviso, possiamo cogliere la profonda trasformazione avvenuta. Le persone amiche e i parenti avevano il compito di accompagnare il morente e sostenere la famiglia, durante la malattia e anche dopo la morte, nella fase del lutto.
C’erano i messaggi da affidare al morente e l’attesa dei suoi insegnamenti, i famosi testamenti di vita; c’erano dei riti comunitari da seguire, che avevano un valore riconosciuto e alleggerivano il nucleo familiare: il viatico e l’estrema unzione, la vestizione del morto, la veglia funebre, il pianto rituale, il corteo e il banchetto dopo il funerale, il lutto e il mezzo lutto nel vestirsi, le visite al cimitero, le messe di suffragio, il tempo stabilito dell’appartarsi e del reintegrarsi nella vita sociale. In tal modo bambini e adulti familiarizzavano con questi eventi temuti e minacciosi e la famiglia e la collettività, che in questi riti comunitari si riconoscevano, condividendoli, si sentivano sostenute nel proseguire il cammino e riprendere le funzioni abituali.
Queste ritualità, sia collettive che individuali, appaiono ormai quasi ovunque impraticabili: sono sconosciute o dimenticate, talvolta perfino osteggiate e connotate negativamente, svuotate di senso e comunque impossibilitate a svolgere quella funzione di orientamento etico che avevano svolto per molti secoli.
Attualmente più del 70% delle persone muore in ospedale, dove neppure negli ultimi momenti, c’è uno spazio libero e protetto di condivisione, di vicinanza fisica ed affettiva tra il malato e i suoi cari.
Anche i riti funebri si svolgono spesso “in un clima di meccanica doverosità, di estraneità emotiva al contenuto spirituale del rito, oscillando tra vergogna e disagio.” Familiari, parenti e amici, specialmente nelle aree urbane, ritornano frettolosamente alla propria vita abituale, che impone efficienza e ritmi e tempi rapidi, a scapito della comunicazione e della condivisione dell’affettività con gli altri.
Parallelamente alla mancanza di un universo simbolico di riferimento di natura collettiva, anche il singolo individuo non sa più trovare le parole per accompagnare il morente, per sostenere e consolare i familiari, nè si dà lo spazio e il tempo per vivere il travaglio del lutto e confrontarsi con la propria morte.
Di fronte a questo panorama culturale e umano ci si domanda se la situazione attuale sia un’evoluzione positiva o un’involuzione insoddisfacente sia per il singolo che per la collettività.
Se non la si ritiene rispondente, è bene che con maggiore consapevolezza e responsabilità si cerchino nuove e personali risposte creative, che potranno diventare successivamente nel tempo nuove ritualità collettive.
In Italia le associazioni di volontariato già da alcuni decenni si stanno muovendo in tal senso e recentemente anche lo stato italiano con la legge delle cure palliative (n.39/1999) ha incominciato a promuovere nuove forme di assistenza e di cura per l’accompagnamento dei morenti e per contrastare l’isolamento e la sofferenza delle persone in lutto. Purtroppo siamo ancora agli inizi e il compito non appare facile.
Auguriamoci che le nostre componenti umane e umanitarie non siano del tutto soffocate dalle dinamiche economiche, tecnologiche e consumistiche, che sembrano ormai prevalere. Speriamo che vengano sempre di più promosse iniziative da parte della collettività, ad esempio come quella presentata in questo libro, per rompere il silenzio e la solitudine con cui gli esseri umani vivono questi travagli dell’esistenza.
Cordoglio e lutto
Nel linguaggio corrente questi due termini sono equivalenti e quindi usati senza alcuna distinzione, ma per gli “addetti ai lavori” cordoglio ha una particolare sfumatura di significato. Con questa parola si intende infatti il ” dolore del cuore”(dal latino cor-cordis, cuore, e dolere sentire dolore). Questo termine, che appare come una metafora, indica bene sia la sofferenza sul piano fisico, lo spasmo del cuore, che quella psicologica, lo spasimo, il desiderio affettivo della persona deceduta.
Il dolore della perdita, il cordoglio, lo si prova non solo per la morte di una persona cara, ma ogni volta che perdiamo o dobbiamo lasciare andare oggetti significativi sia esterni (come una relazione affettiva, un progetto, un ruolo sociale, un luogo), che interni (una parte di sé, un’immagine dell’altro interiorizzata, un’immagine idealizzata di sé e dell’altro). Sicuramente il cordoglio del lutto si distingue per la definitività e irrecuperabilità della perdita.
Nel linguaggio comune con la parola lutto ( dal latino luctus, pianto, verbo lugere piangere ed essere in lutto), si intendono sia i rituali collettivi e le pratiche sociali e pubbliche, che vengono svolte nelle diverse culture, sia l’insieme delle reazioni psicologiche e dei comportamenti individuali che si sperimentano a causa della morte di una persona.
Il lutto è un’esperienza psichica universale, che tutti incontrano nel corso dell’esistenza e sempre più frequentemente con l’aumentare dell’età, ma che viene vissuta in tempi e modi molto personali e differenti. Alcuni si comportano in maniera distaccata e controllata , altri piangono e si disperano rumorosamente; alcuni vogliono stare da soli, altri preferiscono una compagnia costante; alcuni eliminano subito dopo la morte le cose che appartenevano al defunto, altri le conservano immutate per anni; alcuni vanno ogni giorno al cimitero, mentre altri lo rifuggono totalmente.
In qualsiasi modo il lutto sia espresso, sicuramente la morte di una persona significativa genera delle difficoltà che scuotono profondamente. Come ha detto un familiare in lutto: ” è un terremoto, a cui seguono le scosse d’assestamento”.
Questa metafora descrive bene la profondità della perdita e il peso dell’angoscia che fa vacillare ogni equilibrio all’esterno, dove le macerie sono più visibili, e all’interno, dove le spaccature e le scosse si originano e sono ancora più violente.
Questa immagine sottolinea inoltre con chiarezza la presenza di un processo: dall’acme dei sentimenti dolorosi dei primi tempi, alle successive “scosse d’assestamento” fino al ritorno a uno stato di quiete.
Le persone variano enormemente nella loro risposta al lutto. Alcune soffrono di un danno duraturo per il loro stato mentale, sociale e spirituale; altre portano il lutto nel loro cammino a ogni passo e altre diventano più mature, più valide di quanto lo fossero prima dell’esperienza del lutto.
Il decorso psicologico del lutto dipende infatti da molti fattori, alcuni legati alle circostanze della malattia ( di lunga o breve durata, presenza o meno di sintomi dolorosi, stato di coscienza,…), alle modalità del decesso (morte improvvisa o attesa, luogo, stato della salma,…), altri a elementi eminentemente personali e relazionali, indipendenti dalla malattia e legati alla vita trascorsa insieme. I più significativi sono:
– l’età (bambino, giovane, adulto, vecchio)
– il ruolo ricoperto in famiglia (grado di parentela)
– la qualità della relazione (dipendenza fisica, psichica, economica, sociale, vicinanza e coinvolgimento prima della malattia…)
– le risorse e le caratteristiche personali (stato di salute fisica e psicologica, tratti della personalità: sensibilità, consapevolezza, equilibrio, responsabilità, capacità d’adattamento…)
– le risorse del contesto familiare (dinamiche familiari, conflittualità o coesione, apertura o isolamento relazionale, livello socioculturale, fede religiosa ….)
– le risorse del contesto ambientale (rete relazionale di supporto formale e informale…)
– i lutti precedentemente vissuti e loro modalità di risoluzione.
E’ importante sottolineare che l’elaborazione del lutto sarà influenzata anche dalle esperienze relazionali che si svolgono nel corso della malattia, prevalentemente legate al tipo di assistenza, di comunicazione e di scambio emozionale che si riesce a creare. A molti è capitato di essere testimoni o di venire a sapere di momenti di condivisione profonda, colmi di tenerezza e comprensione tra familiari, che recuperavano anni di distanziamento affettivo e di lontananza.