S.L.A. – MALATTIA DEI MOTONEURONI – SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA
Il termine “malattia dei motoneuroni” si riferisce ad un gruppo di malattie neurologiche che colpiscono le cellule delle corna anteriori del midollo (soprattutto del midollo cervicale) e del tronco encefalico (soprattutto del bulbo spinale) e, spesso, della corteccia motoria, da dove parte la via corticospinale.
Se la malattia colpisce sia il primo che il secondo motoneurone si parla di sclerosi laterale amiotrofica (S.L.A.). Una variante della S.L.A., a prognosi più sfavorevole, è la paralisi bulbare progressiva, caratterizzata dalla paralisi rapidamente progressiva dei muscoli della mandibola, del faringe e della lingua con conseguente disfagia, disartria, disfonia e difficoltà della masticazione.
La S.L.A., disturbo ad eziologia ignota, è caratterizzata  da atrofia muscolare evolutiva secondaria a lesioni degenerative dei  motoneuroni. Colpisce circa un individuo ogni 100000, prevalentemente  uomini di età media o avanzata ed è di tipo familiare nel 5% dei casi.
I sintomi iniziali, dovuti alla degenerazione del motoneurone  periferico, sono solitamente costituiti da atrofia muscolare  progressiva, inizialmente soprattutto a carico degli arti superiori con  partenza dalle estremità distali (“mano di scimmia”), diminuzione della  forza, fascicolazioni e disturbi della fonazione; generalmente, anche se  alcuni pazienti lamentano crampi, non sono presenti disturbi della  sensibilità, deterioramento intellettivo né alterazioni della  funzionalità intestinale o vescicale; i riflessi osteo tendinei sono  accentuati.
Nella S.L.A., a differenza della paralisi bulbare progressiva, i segni di compromissione dei nervi encefalici sono meno evidenti.
Dopo circa un anno dall’interessamento muscolare si possono avere segni di degenerazione del motoneurone centrale: spasticità ed iperriflessia, particolarmente agli arti inferiori, con riflesso plantare in estensione.
L’elettromiografia è l’esame di laboratorio di maggiore utilità in quanto dimostra una normale conduzione del nervo anche in presenza di grave atrofia muscolare; questo dato permette di distinguere questa malattia dalle neuropatie motorie, nelle quali la velocità di conduzione è ridotta.
Non esiste al momento attuale un trattamento specifico per la malattia dei motoneuroni ed i provvedimenti terapeutici devono essere prevalentemente rivolti al sostegno fisioterapico con tutte le manovre utili a consentire il mantenimento delle funzioni vitali.
Il disturbo evolve progressivamente e la durata della malattia varia a seconda della presenza o meno di segni bulbari (La frase significa che se vi sono sintomi a carico della voce, della deglutizione, ecc., cioè che siamo in presenza di una malattia dei motoneuroni variante paralisi pseudobulbare anzichè variante SLA la prognosi è peggiore. Il tutto perchè si dice SLA quando in realtà si dovrebbe dire malattia dei motoneuroni e solo successivamente dire se è variante SLA (a prognosi migliore) o variante paralisi pseudobulbare (a prognosi peggiore)).
La sopravvivenza dei pazienti dipende dal mantenimento della funzione respiratoria (diaframma e muscoli intercostali) e dalla protezione delle vie aeree (riflesso della tosse e deglutizione), in quanto la causa più frequente di morte è rappresentata dalla paralisi respiratoria progressiva con broncopolmonite ab ingestis.
Storicamente il decorso è sfavorevole vediamone una descrizione un pò meno scientifica.
La SLA, talvolta chiamata Malattia di Charcot dal nome del neurologo francese che l’ha descritta per primo nel 1860, è chiamata anche “ALS – Amyotrophic Lateral Sclerosis” o Lou Gehrig’s disease” nei paesi anglosassoni.
E’ una malattia fatale, caratterizzata da una progressiva degenerazione dei motoneuroni della colonna spinale e nel cervello, ovvero quella parte del sistema nervoso, definita come “sistema nervoso centrale”, con l’effetto di inibire la trasmissione del segnale nervoso ai muscoli.
Le persone affette da SLA, sperimentano debolezza muscolare e mancanza di forza, particolarmente dei muscoli delle braccia e delle gambe, e a diversi stadi dei muscoli che governano la parola, il deglutire e negli stadi finali del respiro. L’esatta causa della Sclerosi Laterale Amiotrofica è sconosciuta, risposte allergiche, infezioni o agenti virali sono stati proposti come possibili cause di questa malattia, ma nulla è stato provato. Approssimativamente il 5 o il 10 per cento dei casi di SLA sono ereditari.
I ricercatori hanno trovato il gene responsabile delle forme ereditarie di SLA, è nel braccio lungo del cromosoma 21 (Il gene è chiamato superoxide dismutase 1 (SOD1), ed è localizzato ne cromosoma 21q22). Non si sa ancora al momento se questo gene sia la causa o semplicemente predisponga la persona alla SLA.
Nel 1992 i ricercatori dell’ Johns Hopkins Hospital hanno avanzato la supposizione che il Glutammato, un aminoacido responsabile del trasporto dei messaggi fra i neuroni possa avere un ruolo nella causa della SLA. Grossi quantitativi di Glutammato uccidono i neuroni. Nel cervello dopo che il Glutammato ha eseguito il suo compito di trasmissione del messaggio, esso è riassorbito da una speciale proteina chamata “trasportatore”.
Nelle persone affette da SLA c’è il sospetto che questa proteina sia  difettosa, e non assorba abbastanza Glutammato. Questi studi sono stati  condotti sul tessuto donato da pazienti morti di SLA. Sono in corso  altre ricerche per verificare la fondatezza di questa teoria, e se in  tal caso sia possibile intervenire con una qualche sostanza in grado di  alterare il processo.
Non ci sono differenze nei sintomi della SLA sporadica e familiare, di  conseguenza la scoperta di un rimedio può aiutare tutti i malati.
Dott. Fabio Colombo
La Cura
In questo momento non esiste una cura per la malattia in se stessa, quello che si fa è cercare di alleviarne i sintomi e rallentarne l’evoluzione, ecco perché ora come ora la terapia che viene applicata deve coinvolgere diversi specialisti, serve una equipe costituita da diversi specialisti: neurologo, pneumologo, fisioterapista, psicologo, gastroenterologo, dietologo, infermiere professionale. Al paziente deve essere fornita una corretta terapia sintomatica utile ad alleviare i sintomi della malattia e a consentire una migliore qualità di vita.
La terapia deve evolversi nel tempo ed essere periodicamente  aggiornata sulla base del decorso della malattia, in proposito sono  utili dei controlli trimestrali.
Attualmente viene distribuita agli ammalati una sola medicina chiamata  Riluzolo, in laboratorio è stato possibile verificare come questa  sostanza diminuisca l’attivazione indotta dagli agonisti dei recettori  per il glutammato e protegga le cellule.
L’indicazione registrata del riluzolo è “il prolungamento della  sopravvivenza senza tracheostomia nei pazienti con SLA”.
Il costo di questo medicamento per un anno di cura è di circa 7.000 € (il può non essere preciso ma è un ordine di grandezza concreto ) per un anno di cura, il trattamento va iniziato il più presto possibile per avere dei risultati concretamente utili al miglioramento sintomatico della malattia.
In questo momento è solo questa la medicina che viene consigliata, in  America si sta spingendo per un altro medicamento chiamato Myotrophin il  cui decorso di studio non è ancora completo.
Mancando quindi una reale panacea per l’ammalato, sono qualche volta  gli stessi ammalati a tentare di guarire loro stessi con diete,  vitamine, trattamenti con apparecchi come il Wet Cell, e tutta una serie  di, che in qualche caso sembrano avere sortito un qualche effetto o il  rallentamento della malattia.
Ma pur considerando alcuni risultati parzialmente positivi, non  possiamo dire in nessun modo “fai così e guarirai”, perché i fattori  sono tanti e sicuramente queste situazioni non sono perfettamente  riproducibili su due ammalati diversi.
Perché una cura sia valida scientificamente, deve sottostare a certi  requisiti, che per ora mancano a tutti i trattamenti “inventati” e  nessuno di noi può dire che questi punti siano verificabili  oggettivamente.
Inoltre le persone che “si fanno una cura” sono psicologicamente determinate a vincere o perlomeno a tentarci in tutti i modi, già questo può essere un punto di differenza importante fra due malati, un “combattente” e un “rassegnato”, potrebbero avere diverse risposte a uno stesso trattamento.
Avremo una soluzione valida quando due malati guariranno con la stessa medicina e protocollo di trattamento.
Francesco Cernecca