ricordi

Assenza Eterea.

Sui monti Biellesi un sole pallidissimo appare

La famosa valigia cartonata stracarica di panni e miei pezzi di vita. Silenziosamente immersa nei pensieri variegati attendo presso un vecchio cascinale l’autobus che non arriva. Mattina che sta nascendo. Fiduciosa ricerco un sorriso avvolgente dall’anemico sole.

Neve, neve a badilate. Ovunque, stancante a dir poco ossessivamente presente!

Freddo intenso pervade pungendomi fin dentro le ossa il mio giovane corpo di ragazza. Silenzio orripilante, da brivido. Circondata da candore irritante, rami che parlano di neve, passeri saltellanti chiacchieroni assaporano vecchio panino sbriciolato abbandonato, lievemente muffo.

Finestre semichiuse osservano alle spalle. Spiano ogni movimento invisibile, occhi irritanti che vorrei evitare. Assenze o presenze?

Le odo, respirano sussurrando parole inascoltate di ricordi nascosti e poco percepiti. Mi sorvegliano ingrate, togliendomi il pensiero che cerca di correre libero.

Respirano queste pareti vecchie diroccate alle spalle. Fantasmi inesistenti che comprenetano il mio cervello fantasioso. Guardinga tremo al minimo fruscio, lo scricchiolio del ghiaccio, parla sotto ai miei piedi il gelo invernale. Sono sola, inerme, con la mia fisicità vulnerabile. Basterebbe folata di vento feroce per rotolarmi fra il candido manto che pare attenda smanioso un impronta vitale. Magrissima sono, pochi soldi, nelle tasche ciondolano cantando solitudine.

Docenza appena iniziata e fatica di vivere per non pesare su affetti lontani, una famiglia numerosa richiede alle mie radici sforzi lavorativi di un padre amato che trascorrerà notti insonni per conti di cassa sempre al limite. Cerco il blu rassicurante di un mezzo brontolante che mi accolga e che non arriva. Cinque anni di presenza consolidata nella piccola Piana. Così ripercorro con la mente, anni precedenti di studio. Materie su materie, corsi e una abilitazione in ballo per un docenza definitiva in una comunità montana isolata quasi spettrale. Il maso chiuso, isola di dolore.

Paese a ridosso del monte, una miriade di frazioni, quattrocento ragazzini vocianti mi attenderanno smaniosi di vita diversa, di parole nuove e curiosità manifesta. Ogni frazione unita da un abile ragno tessitore, si erge ai miei occhi nella propria solitudine interiore interrotta dal gemito di un gatto, l’ululato di un cane appare ogni tanto lugubre. Uomini e donne guardinghe, invecchiate dal tempo, dagli incesti perpetrati che si ravvedono nei cognomi doppi, imparentamenti patologici legati, solitudine determinata da un mondo forse opportunatamente nascosto privo di voglia di conoscenza e sapere.

Freddo intenso e notti di sesso incrociate in famiglie nascoste, apprenderò in seguito.

Sei diversa, hai cultura, ti osannano: sei temuta. Sei controllata, additata, percepita come disturbatore di quiete voluta e invecchiata nel tempo.

Cammino su e giù sembrando una stilosa “battona” coperta da panni pesanti, colorati, legati a vissuti diversi dove fantasia e giovane età fanno una donna nuova e apparentemente originale,lievemente inglese!

Freddo intenso, cerco di riattivarmi dondolando una valigia stanca.

Mi percepisco in strana ed incomoda posizione: passa qualche camionista che si ferma urlando proposte indecenti. Orologio lentissimo: lancette opache appaiono congelate senza sembianze di movimento.

Il sole mi bacia timido, assaporo questo tepore corroborante, gioco con raggi luminosi nascenti che si nascondo fa rami gorgoglianti di neve. Invitano alla scoperta del giorno.

Odo lontano borbottio. Riemergo illusa dai pensieri sereni di spensierate mattanze. Mi mancano odori, voci e profumi: casa mia.

anno 1979/2000by@aldaviscontitosco

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