"il colloquio con le persone in lutto" di Luigi Colusso

Mi sono persa…con rinnovato sorriso.

il giornalino di Vitas Hospice Zaccheo di Casale Monferrato

http://www.vitas-onlus.it

(  @ pagina14)

“Si, mi sono persa nei meandri del mio cuore dolente, vorrei ora riprendere la via del rinnovato sorriso interiore, cercando di continuare a donarlo a me stessa per donarlo all’altro.”

Partecipare ad un incontro sulla elaborazione degli abbandoni, con Luigi Colusso, medico psicoterapeuta e formatore di gruppi AMA(auto mutuo aiuto) inizialmente mi ha creato un notevole disagio psicofisico. La presentazione di :”Il colloquio con le persone in lutto”.

Sentirmi inadeguata, il luogo sbagliato e l’attimo del “qui ed ora” interiormente imbarazzante. Non avendo mai considerato e ipotizzato l’esistere di gruppo di aiuto sulla ri-elaborazione della morte che sia sia fisica, o spirituale. Un “io” sfatto nella solitudine interiore che si fatica a condividere per pudore, mancata educazione credo atavica alla condivisione.L’impotenza sentita nell’io a sopravvivere al proprio caro: emozioni laceranti. Siano esse, né quantificabili e qualificabili.

Solitamente riteniamo il lutto, un dolore prioritario che pervade uccidendo le emozioni.

Raramente si considera l’abbandono anche come una radicale cambiamento delle abitudini alla “vita”. Mutazione che genera in base alla “nascita o epilogo” della situazione uno stress emotivo dirompente a volte distruttivo.

Conoscere Luigi Colusso è stato ricevere un “dono” interiore di aria rinnovata.

Paradossale visto che durante l’incontro l’argomento era il lutto, la rielaborazione dello stesso. L’utilità dei gruppi di autoaiuto, e la definizione del “dolore” dell’io in questo momento di abbandono che pervade il singolo individuo quando una persona cara si “libera” dalla vita. Oso, io indicare il termine “morte” come Liberazione.

Parlare di “Liberazione” e dell’abbandono di ogni genere. Una percepita e serena dolcezza e umanità empatica. Colusso, è riuscito basandosi sua una rielaborata e sofferta crescita personale a “librarsi” fino a riassumere, esprimere e portare alla luce emozioni insite in ognuno dei presenti “donando” non soluzioni, ma spiragli di ripresa di vita. Pensieri spirituali, che solo chi si autorigenera riesce a donare all’altro. Leggere tutto d’un fiato una “chiacchiera liberatoria” e riveduta in uno nuovo modo di alloggiare il pensiero in maniera postiva dentro all’anima.

Inizialmente stupita dello scorrere rapido delle parole nero su bianco, ho fagocitato una nuova e possibile soluzione di rasserenare il mio dolore interiore. La malcelata ricerca interiore di una rielaborazione degli abbandoni subiti in malattia che costantemente nel corso degli anni, hanno spesso segnato molti individui, nel nostro atavico umore di “animali pensanti e liberi ancorati alla terra, e la manifesta e dolorosa rinuncia alla sensazione epiteliale ed emotiva della “corsa rapida della degustazione alla vita”.

“…Non sappiamo trovare la via per sciogliere questo nodo,non ora, ma siamo stati capaci di sostare insieme e di sopportarlo…accettare di fronteggiarlo…” . Colpita da questa frase, mi sono convinta che si possa dare una risposta al “sintomo” del dolore riducendolo mediante il dono della ed alla com-passione condividendola serenamente con l’altro.

Colusso, è riuscito a smuovere e musssare alcuni macigni non visibili e mascherati spesso dal nostro modo di essere verso l’altro e verso la vita. Individui a se, rinchiusi, o palesemente plateali senza però essere volutamente attori: liberare lacrime nascoste o contenerle al fine non divengano vera patologia depressiva o morte spirituale.

Siamo entità con sfaccettature diverse. Tutti motivati fortemente, e con nascosta creatività di ripresa che forse non ricordiamo più di possedere.

Lacrime che io credo si possano includere nel il paradigma del dono come racconta l’autore. Donarsi all’altro nell’ascolto anche di quelle lacrime silenti, ma esaustive, un gesto empatico di ascolto e lettura dei segni, senza la nacessità di una restituzione. Creare invece una aggregazione di condivisione anche silenziosa, dove sia i dolenti che i facilitatori restano adesi uno all’altro in un contesto di di legame storicamente adiuvante. Senza limiti di crtica, giudizio e creazione di target.

“Il seme che muore generando una nuova pianta”: forse dovremmo tenere presente sempre questo concetto ed adottare i i tre criteri fondamentali del dono.

La spontaneità senza l’obbligo nello stesso tempo di restituirlo immediatamente o senza doverlo restituire affatto, il non poterlo rifiutare in quanto dono ma accettarlo perchè è luce della vita.

Da leggere!

Questa voce è stata pubblicata in Pillole per la mente. Contrassegna il permalink.